Ucraina: vogliamo tutti una pace giusta. Un cammino difficile ma possibile

Il difficile ma possibile cammino verso la pace

—di Giovanni Bonomo

Da che parte stare? Dalla parte dell’umanità 

La neutralità, oggi, non è equidistanza: è umanità. È capacità di pensiero critico, di compassione, di lucidità, è rifiutare di scegliere tra imperi, per scegliere la dignità della persona. È tempo di unire le forze migliori, di destra e sinistra, religiose e laiche, pacifiste e militanti, per un nuovo fronte: quello della pace giusta, possibile e necessaria.

Il Centro Culturale Candide, da sempre promotore di un umanesimo laico e pacifista, lancia un appello aperto alla società civile del mondo intero per una pace duratura e incondizionata.

Non siamo né con Putin né con Trump, siamo con chi muore sotto le bombe, con chi chiede pane e non carri armati, con chi osa ancora parlare di umanesimo. E forse, se abbastanza voci si uniranno, il silenzio della guerra potrà essere interrotto dal clamore delle nostre coscienze.

La guerra in Ucraina, lungi dall’essere solo un conflitto territoriale, è divenuta un simbolo di una frattura ben più ampia e profonda, che attraversa il mondo tra visioni egemoniche, interessi strategici ed economici. Da un lato l’Occidente a trazione NATO, che si presenta come baluardo della democrazia e della libertà contro un’autocrazia invasiva; dall’altro una narrazione alternativa, che accusa l’Occidente di aver provocato la guerra con l’espansione a est e di usare l’Ucraina come strumento di logoramento della Russia. Ma la verità è più complessa.

Il punto di vista occidentale: difendere l’ordine liberale 

Per Stati Uniti, Regno Unito e i Paesi membri della NATO, la guerra in Ucraina è una risposta necessaria a un’aggressione inattesa e brutale. In questa narrativa, Vladimir Putin è il nuovo zar, un autocrate ossessionato dal mito dell’impero perduto, pronto a calpestare la sovranità di uno Stato libero e democratico. L’Occidente sostiene l’Ucraina per fermare la legge del più forte, proteggere i confini europei e inviare un messaggio chiaro: nessuna invasione resterà impunita.

Non mancano elementi validi in questa visione: l’invasione russa del 24 febbraio 2022 viola in modo lampante il diritto internazionale e rappresenta una tragedia umanitaria. Chi nega questo parte da una premessa profondamente errata. Ma è altrettanto errato fermarsi qui.

Da che parte stare? Dalla parte dell’umanità 

La neutralità, oggi, non è equidistanza: è umanità. È capacità di pensiero critico, di compassione, di lucidità, è rifiutare di scegliere tra imperi, per scegliere la dignità della persona. È tempo di unire le forze migliori, di destra e sinistra, religiose e laiche, pacifiste e militanti, per un nuovo fronte: quello della pace giusta, possibile e necessaria.

Il Centro Culturale Candide, da sempre promotore di un umanesimo laico e pacifista, lancia un appello aperto alla società civile del mondo intero per una pace duratura e incondizionata.

Non siamo né con Putin né con Trump, siamo con chi muore sotto le bombe, con chi chiede pane e non carri armati, con chi osa ancora parlare di umanesimo. E forse, se abbastanza voci si uniranno, il silenzio della guerra potrà essere interrotto dal clamore delle nostre coscienze.

La critica dissidente: il prezzo della nostra ipocrisia 

Giornalisti e intellettuali come Marco Travaglio, Giorgio Bianchi, Elena Basile e Alessandro Orsini denunciano, pur con accenti e approcci diversi, il doppio standard dell’Occidente, l’uso cinico del linguaggio dei diritti per mascherare interessi geopolitici ed economici. Ricordano che la NATO, dopo la fine della Guerra Fredda, ha violato promesse implicite fatte a Mosca (come la non espansione verso est) e che il conflitto in Ucraina non nasce nel 2022 ma affonda le radici nel 2014, con il colpo di Stato a Kiev e la guerra civile nel Donbass.

Questa corrente di pensiero evidenzia l’effetto devastante delle sanzioni, il ruolo della lobby delle armi, la demonizzazione sistematica del dissenso e l’annichilimento del giornalismo indipendente. L’Europa, in questa visione, appare vassalla degli interessi americani, incapace di elaborare una politica autonoma e di farsi ponte tra i due mondi.

Come scrivevo in La guerra nel cuore dell’Europa, questo conflitto ha fatto saltare l’idea stessa di un’Europa pacificata e ha sancito la crisi del progetto comunitario, che ha abbandonato ogni vocazione pacifista per accodarsi a un paradigma militarista. Siamo diventati guerrafondai per procura senza rendercene conto.

Vogliamo tutti una pace giusta 

La pace non è solo l’assenza di guerra, è una condizione politica, giuridica e culturale fondata sulla giustizia, sull’autodeterminazione dei popoli, sul rispetto reciproco e sull’equilibrio tra interessi divergenti. Ma per poterne parlare con serietà occorre uscire dal dogma della “vittoria totale”, e questo da entrambe le parti.

Occorre denunciare con la stessa fermezza:

  • l’aggressione russa in quanto tale, e le sue conseguenze devastanti per civili, minori, donne, territori distrutti e generazioni future;
  • l’espansionismo NATO, la subalternità europea, il cinismo industrial-militare e la manipolazione dell’informazione;
  • la censura del dissenso, l’istigazione all’odio russofobo, il fallimento dell’ONU e dell’OSCE.

Dobbiamo tornare a proporre:

  • un cessate il fuoco immediato e garantito;
  • una conferenza internazionale per la neutralità armata dell’Ucraina;
  • il riconoscimento dei diritti delle minoranze (russofone, tatari di Crimea, ucraini della Transcarpazia);
  • un tribunale imparziale che indaghi sui crimini di guerradi tutte le parti;
  • un piano europeo per la ricostruzione e la riconciliazione sociale post-bellica;
  • un freno alla corsa agli armamenti e un nuovo patto di sicurezza collettiva euroasiatico.

Come ho scritto in Quel crimine della guerra, abominio di ogni diritto, la guerra non è solo un reato contro il diritto internazionale: è un’onta per la coscienza umana. Ed è proprio per questo che ogni cittadino, intellettuale, politico e giurista ha il dovere morale di opporsi, sempre, alla sua normalizzazione.

E Gaza grida: “cessate lo sterminio!”

 Non possiamo parlare di pace in Ucraina dimenticando Gaza. Anzi, sarebbe un’offesa al concetto stesso di giustizia, perché là una “guerra” non c’è, ma solo un sistematico sterminio.

Nella Striscia di Gaza, da mesi – se non da anni – si consuma un genocidio a bassa e alta intensità, condotto da uno Stato che si dichiara “democrazia” ma agisce con metodi coloniali e disumani. Il diritto internazionale viene quotidianamente calpestato: ospedali bombardati, bambini bruciati vivi, giornalisti uccisi, intere famiglie cancellate da missili “chirurgici”. Il tutto sotto il silenzio o la complicità delle grandi potenze occidentali.

Quale credibilità ha l’Occidente che si commuove per Kiev e ignora Rafah? Che invoca la Carta dell’ONU per l’Ucraina ma la straccia per la Palestina?

Una vera pace giusta non può che essere universale. Non può fermarsi al confine polacco o all’Oblast’ di Luhans’k, deve valere per ogni popolo, per ogni madre che piange un figlio, per ogni popolo che lotta per vivere. Lo ricordo nel mio contributo Alla ricerca di una pace perduta: se non poniamo fine alla guerra, sarà la guerra a porre fine a noi.

 

Milano, 27. 7.2025
Giovanni Bonomo

 

 

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