La nuova sfida tecnologica è l’uomo

telemedicina
— di Carola Salvato, CEO Havas Life Italia

Viviamo in un mondo sovraccarico di stimoli digitali sempre più pervasivi, la connettività è la nostra stessa esistenza, siamo dei Cyberg come ci ricorda Elon Mask, abbiamo già dei super poteri. Anche se la tecnologia è pronta e disponibile non lo sono le organizzazioni e soprattutto l’uomo. È già cambiato tutto, viviamo un nuovo paradigma e lo scopriamo vivendo, tutto questo talvolta allarma alimentando bias.

L’abbiamo sentito più volte, l’innovazione non è una “parola d’ordine”, è un vero e proprio investimento in trasformazione per un futuro sostenibile. Stiamo costruendo nuovi modelli, e servono l’identificazione di criteri di successo. C’è bisogno soprattutto di comprendere gli effetti, metabolizzare e trasformare.

Ce lo ricordano ogni giorno, siamo connessi sul piano delle relazioni e sul piano fisico, tutto ciò sta modificando i rapporti e le connessioni tra le persone ed i sistemi coinvolti. Si evolvono così i nostri comportamenti, le regole della comunicazione e di interazione con gli attori della sanità, in primis i medici.

La telemedicina

Grazie alla Telemedicina, un sistema esterno conoscerà meglio le persone di quanto noi stessi siamo in grado di fare ed è per questo che quando dichiariamo che la salute è diventato un concetto ubiquitario, dobbiamo capire in primis cosa significa per davvero questa parola e quali sono gli impatti e le opportunità reali.

La sfida è collegare i puntini per creare ecosistemi interconnessi, relazionali, collaborativi, capaci di aggiungere più anni di qualità alle nostre vite. La sfida della tecnologia è rispondere ai bisogni dell’essere umano, prima però dobbiamo approfondire quali lo renderanno più connesso con la vita, i suoi valori e priorità.

Un risultato sanitario di successo riguarda in primis il cambiamento del comportamento e deve poter aiutare i pazienti a realizzare risultati migliori per se e per il contesto tutto, deve realizzare successo almeno su tre fronti: aderenza, compliance e performance. Rimettere l’uomo al centro del rapporto medico-paziente con il contributo delle innovazioni tecnologiche, dunque è la vera scommessa. Con l’avvento delle tecnologie il paziente necessita non solo di prodotti o servizi, ma anche di supporto e formazione. La medicina virtuale presenta sfide per operatori sanitari e pazienti. Oltre all’ambiente clinico anche il dialogo medico-pz cambierà radicalmente, bisognerà creare prossimità ed empatia anche su un piano virtuale.  Bisognerà allenare nuove competenze, investire in cultura.

Telemedicina e Intelligenza Artificiale

La capacità dell’IA di incidere sulla predittività, personalizzare le informazioni e le soluzioni in base alle esigenze dei pazienti, aprirà nuovi spazi per prodotti, soluzioni e servizi. Un paio di numeri: i big data nell’healthcare, grazie all’effetto pandemia porteranno il mercato a superare i 70 miliardi di dollari entro il 2025; il mercato della blockchain, il cuore della rivoluzione del settore della sanità e della salute supererà 1.6 milioni di dollari entro il 2025.

La cosiddetta “terza fase della medicina” è qui, da qualche anno i medici non prescrivono solo farmaci, ma anche App. Si scaricano sullo smartphone e dialogano proficuamente con i nostri dati biometrici intervenendo dove necessario. Queste App stanno diventano man mano la nuova frontiera nelle cure di tantissime patologie. Le DTx valgono oltre 8 miliardi in soli 3 anni (1.7 nel 2017). In questo business oltre 150 le company che ci stanno scommettendo con il coinvolgimento dell’intera filiera del farmaco.

La necessità di contrastare l’aumento dei costi sanitari e l’incremento dell’incidenza delle malattie croniche ciò che smuove tutto questo mondo.

Le innovazioni tecnologiche derivanti dalla telemedicina non solo potranno migliorare la quality of life, ma ridurre e prevenire drasticamente le intemperie legate al mondo della salute. Secondo gli ultimi dati, entro pochi anni il 21% delle analisi e delle cure avverrà a casa del paziente, solo il 10% in ospedale e nemmeno il 2% presso uno studio medico: per il 67% i pazienti saranno seguiti da remoto, con la massima attenzione ed efficienza, ovunque si trovino.

Lo scopo di tutta questa innovazione però, come nel caso specifico dell’IA, non è fine a sé stesso, ma è inserito nella cornice più significativa dei rapporti umani. Riporto all’attenzione che l’IA delle macchine funziona solo se accompagnata dall’intelligenza emotiva degli uomini. Questo aspetto non va trascurato.

Un nuovo paradigma

Perché il cambiamento non venga percepito come una minaccia è necessario un nuovo paradigma incentrato su un umanesimo ripensato se non riscritto nell’era di una nuova frontiera, in cui convivono e si alimentano vicendevolmente un mondo reale e un mondo artificiale. Dove l’uomo non subisca passivamente il mondo digitale, ma ne utilizzi strategicamente le potenzialità ricavandone, in cambio, un dono. Sì, perché lo strumento di per sé stesso è neutrale ma se a questo viene associato un determinato “purpose”, quello di servire l’umano, la sua valenza può essere positiva e di estremo supporto. Perché il termine “purpose” ha qui un significato più ampio di quanto la semplice traduzione “obiettivo, scopo” lasci intendere. Il traguardo è l’uomo ed è l’unico perseguibile. Qualcosa che includa come un sodalizio anche la “fiducia”. Solo così il  Metaverso potrà rappresentare un vero spazio di evoluzione umanistica. Il Metaverso è una nuova prospettiva di transumanesimo in cui l’integrazione tra la tecnologia e l’uomo non implica il suo annullamento, ma anzi lo aiuta a prendersi cura maggiormente di sé stesso. Attraverso la tecnologia l’uomo “deve divenire CEO della propria salute“. Una sfida in cui le parole chiave sono empatia, prossimità e “purpose”. Alle prese con la nuova svolta del Metaverso: spetterà all’uomo essere artefice del proprio destino.

La super intelligenza, la singolarità, quando arriverà avrà pregiudizi verso il genere umano? Diamoci appuntamento fra 10 anni.

Cover photo by Karina Carvalho on Unsplash

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