Bitfarms, il “minatore” di Bitcoin che usa solo rinnovabili crolla nel suo debutto al Nasdaq

Bitfarms è una società canadese che estrae Bitcoin ma la sua particolarità è che per estrarre la criptovaluta più conosciuta al mondo utilizza più del 99% di energia rinnovabile proveniente da centrali idroelettriche. Lunedì ha fatto il suo esordio sul Nasdaq, il listino dei titoli tecnologici di Wall Street, ma non è la prima né l’unica, si unisce ad altre più piccole società che fanno mining di Bitcoin in Nord America come Marathon Digital Holdings e Riot Blockchain. Il titolo è crollata dell’8,6% a $ 3,9 nel suo primo giorno di negoziazione. Dal 2019 è quotata anche alla Borsa di Toronto.

Il prezzo delle azioni di Bitfarms

La particolarità del “minatore” di Bitcoin, come si definiscono in gergo tecnico le società che estraggono criptovalute, non finisce qui. Mentre il prezzo del Bitcoin quest’anno ha subito un forte crollo attorno a metà maggio 2021, le azioni di Bitfarms sono invece scese molto meno che ad aprile, limitandosi a toccare un picco minimo mensile a quota 4,10$. Ora il prezzo è salito a 4,38$, ovvero quasi quattro volte e mezza quello di fine 2020, con una capitalizzazione di mercato di 638 milioni di dollari, non molto lontano dai circa 700 milioni di quella di Bitcoin.

L’inversione a U di Elon Musk sui Bitcoin

Il fatto che utilizzi quasi esclusivamente energia idroelettrica per minare bitcoin sicuramente aiuterà il settore crypto a diventare più “verde”. Qualche settimana fa l’inversione a U del fondatore di Tesla Elon Musk ha riacceso il dibattito sul consumo energetico e sull’inquinamento prodotto dall’industria delle criptovalute. Lo scorso 12 maggio Tesla ha annunciato che smetteva di accettare Bitcoin per l’acquisto dei suoi veicoli. “Siamo preoccupati per il rapido aumento dell’uso di combustibili fossili per l’estrazione e le transizioni in Bitcoin”, scriveva in un tweet Musk.

Un dietrofront inatteso proprio da Musk che aveva fatto la fortuna del Bitcoin quando, qualche mese fa, aveva annunciato che Tesla aveva investito 1,5 miliardi di dollari nella moneta digitale.

Estrazione di Bitcoin e consumo di energia

L’estrazione di monete virtuali comporta un altissimo dispendio di energia elettrica. E’ stato stimato che l’industria cinese del mining nel 2024 potrebbe consumare la stessa quantità di energia di uno stato come l’Italia. E infatti non è un caso che proprio il governo di Pechino a maggio abbia reso noto che l’attività di “mining”, il procedimento che permette l’estrazione delle criptovalute, era incompatibile con gli obiettivi climatici che la Cina si è imposta e ha deciso di cacciare dal territorio nazionale tutti i “miners” che operano nel Paese.

“Grande migrazione del mining”

Il clima ostile ha portato gli operatori del settore a valutare la possibilità di trasferirsi all’estero. Tra gli esperti di criptovalute si parla già di una “grande migrazione del mining” e la destinazione potrebbe essere il Texas. L’esodo è già in atto, si legge in un articolo della Cnbc, e potrebbe trasformare lo stato americano nella nuova fabbrica mondiale di Bitcoin. Il Texas offre costi di energia tra i più bassi al mondo.

In attesa di capire se il Texas diventerà il nuovo “El Dorado” del mining, Bitfarms apre la strada all’estrazione di Bitcoin “green”.

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