Cassava (manioca): il nuovo oro verde? Mercato in crescita tra Africa, Asia e innovazione industriale

Cassava —

In un mondo alla ricerca di soluzioni agricole resilienti al cambiamento climatico e capaci di garantire sicurezza alimentare, la cassava (o manioca) si sta ritagliando un ruolo sempre più strategico. Coltivata tradizionalmente nelle regioni tropicali, questa radice amidacea è oggi al centro di un mercato in rapida espansione, trainato da Africa e Asia, ma con importanti sviluppi anche in America Latina e nell’industria alimentare e biochimica globale.

Un raccolto strategico per l’Africa

Secondo i dati più recenti della FAO, l’Africa sub-sahariana rappresenta oltre il 60% della produzione mondiale di cassava, con Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Ghana e Tanzania tra i principali produttori. La Nigeria da sola ha prodotto circa 60 milioni di tonnellate nel 2024, confermandosi leader globale.

La manioca è fondamentale per la sicurezza alimentare africana: è resistente alla siccità, cresce in suoli poveri e garantisce una resa elevata anche in condizioni climatiche difficili. Tuttavia, il vero cambio di passo riguarda la trasformazione industriale: da semplice radice da tavola a input per l’industria alimentare (amido, farine, dolciumi), mangimistica e bioetanolo.

Filiera in evoluzione: trasformazione e export

Il limite storico della cassava è la deperibilità post-raccolta: la radice si deteriora entro 48-72 ore. Da qui, l’importanza crescente delle unità di trasformazione locale, sostenute da investimenti pubblici e privati. In Ghana, ad esempio, sono in crescita le cooperative che producono cassava chips e gari (farina fermentata), destinati tanto al consumo interno quanto all’export.

L’Africa esporta ancora poco in termini di prodotto finito, ma Vietnam, Thailandia e Indonesia guidano l’export mondiale con una rete industriale più sviluppata. La Thailandia, primo esportatore globale, ha venduto nel 2024 oltre 10 milioni di tonnellate di prodotti derivati, prevalentemente verso Cina e Giappone, dove la farina di tapioca trova impiego nell’industria alimentare e tessile.

Opportunità e rischi

La crescente domanda globale di amido naturale e di bioplastiche biodegradabili ha acceso l’interesse anche dei mercati occidentali. Aziende europee e statunitensi stanno investendo in supply chain verticali, puntando su progetti sostenibili in Africa occidentale, spesso in collaborazione con istituzioni multilaterali.

Ma il settore non è privo di sfide. In molte aree africane, la produzione è ancora a basso rendimento per mancanza di sementi migliorate, meccanizzazione e accesso al credito. Inoltre, resta il problema della volatilità dei prezzi e della mancanza di standard comuni per l’export.

Prospettive future: bioeconomia e sovranità alimentare

Con la transizione ecologica e la spinta verso l’economia circolare, la cassava potrebbe diventare uno degli asset agricoli strategici del Sud globale. Le applicazioni si estendono dal bioetanolo alla plastica compostabile, fino a ingredienti per l’industria farmaceutica e cosmetica.

Secondo la Banca Africana di Sviluppo, il mercato africano della cassava trasformata potrebbe raggiungere un valore di 15 miliardi di dollari entro il 2030, se accompagnato da investimenti in infrastrutture, logistica e innovazione.

Nel frattempo, la manioca resta anche una leva di sovranità alimentare, capace di garantire approvvigionamento calorico a basso costo per milioni di persone. In un continente dove il clima cambia più velocemente che altrove, scommettere su colture resilienti non è solo una scelta economica, ma politica.

Camerun, la cassava come leva per sviluppo rurale e industrializzazione leggera

Nel cuore dell’Africa centrale, il Camerun sta investendo sempre più nella valorizzazione della cassava (manioca), pianta coltivata da oltre il 70% degli agricoltori del Paese e presente in tutte le dieci regioni. Se fino a pochi anni fa la produzione era destinata quasi esclusivamente al consumo domestico, oggi il governo e gli attori del settore privato puntano alla trasformazione agroindustriale come volano di sviluppo rurale e di sostituzione delle importazioni alimentari.

Cassava (manioca): il nuovo oro verde: una coltura strategica

Con circa 5,5 milioni di tonnellate prodotte nel 2024 (fonte: MINADER, Ministero dell’Agricoltura e dello Sviluppo Rurale), la cassava è la seconda coltura alimentare del Camerun, dopo il mais. La varietà locale è particolarmente apprezzata per l’elevato contenuto di amido e viene trasformata in diversi prodotti: fufu, gari, baton de manioc (bobolo), farine fermentate e, più recentemente, snack secchi e bevande energetiche.

Secondo la strategia agricola del Piano di Emergenza Camerunese (Vision 2035), la cassava è una delle sette filiere prioritarie, sia per il suo potenziale di autosufficienza alimentare, sia per le opportunità di trasformazione industriale leggera e occupazione giovanile.

Industria locale e sfida della modernizzazione

Uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo del settore è la trasformazione su piccola scala e poco meccanizzata. Le oltre 200 unità di trasformazione attive nel Paese sono in gran parte informali, a conduzione familiare e prive di certificazioni sanitarie internazionali. Tuttavia, negli ultimi anni, si registra un aumento degli investimenti, grazie anche al sostegno di partner multilaterali come la FAO, la Banca Africana di Sviluppo e il programma EU-Cotonou.

Progetti pilota come ProCISA (Projet de Compétitivité des Filières Agricoles et de Sécurisation Alimentaire) stanno introducendo tecnologie per la produzione di farine di cassava fortificate, idonee a essere impiegate nella panificazione e distribuite nei programmi scolastici e alimentari.

Mercato interno in crescita, ma potenziale export ancora limitato

Il consumo pro capite di cassava in Camerun supera i 200 kg/anno, secondo il Ministero della Salute Pubblica, con punte molto più elevate nelle regioni meridionali e forestali. Tuttavia, meno del 5% della produzione è attualmente destinato all’export, e il Paese importa ancora prodotti farinacei derivati (soprattutto farine di grano e amido) dall’Europa e dall’Asia.

Secondo una recente indagine della Chambre de Commerce du Cameroun, esiste un potenziale significativo per espandere l’export verso i mercati della CEDEAO (ECOWAS) e dell’Africa centrale, a condizione di migliorare logistica, standard sanitari e accesso al packaging certificato.

Biocarburanti e prospettive future

Tra i nuovi usi della manioca, si stanno facendo strada progetti di produzione di bioetanolo, soprattutto in collaborazione con aziende brasiliane e indiane. Alcuni studi pilota nel Nord-Ovest e nella regione del Litorale indicano che l’impiego della cassava per combustibili può ridurre la dipendenza dal diesel nelle aree rurali e creare nuove fonti di reddito per le cooperative.

Il Camerun punta a far crescere la filiera cassava del 40% entro il 2030, con l’ambizione di farne un asse strategico della sua politica di sostituzione delle importazioni e di industrializzazione inclusiva.

«La cassava è la coltura del futuro per il Camerun: nutre, crea lavoro, può sostituire farine importate e persino alimentare l’energia del Paese», ha dichiarato in un’intervista il ministro dell’Agricoltura Gabriel Mbairobe.
«Ma serve coordinamento tra governo, cooperazione internazionale e investitori privati».

Scheda – Camerun e la cassava in cifre (2024)

  • Produzione: 5,5 milioni di tonnellate

  • Consumo pro capite: 200 kg/anno

  • Principali regioni produttrici: Centro, Sud, Est, Litorale, Ovest

  • Quote trasformazione industriale: < 20%

  • Export: circa 250.000 tonnellate (prevalentemente gari e farina)

  • Occupazione diretta nella filiera: 2 milioni di persone

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