Danza. “Glass With Silence”. Intervista a Lucinda Childs, l’esponente storica più importante del minimalismo americano

LA DANZA DI LUCINDA CHILDS

— di Chiara Pedretti

Intervista a Lucinda Childs

Una delle voci più influenti e innovative della danza postmoderna americana, newyorkese DOC, classe 1940, Lucinda Childs è una delle maggiori interpreti della danza minimalista e sperimentale. Le sue coreografie da sempre celebrano la straordinaria capacità dell’artista di intrecciare movimento, spazio e tempo in un racconto visivo e corporeo; l’abbiamo incontrata in occasione della sua visita a Milano, dove, alla Civica Scuola di Teatro “Paolo Grassi”, sono in scena quattro suoi lavori, raccolti sotto il titolo Glass With Silence. Interpretate dalla compagnia MP3 Dance Project di Michele Pogliani, su musiche di Philip Glass appunto, sono il risultato di un grande progetto che porta a Milano dopo tanti anni l’esponente storica più importante del minimalismo americano.

Lucinda, è un grande onore averla a Milano. Cosa può dirci di questo suo nuovo lavoro, “Glass With Silence”?

Potrei definirlo le due diverse fini di uno spettro, perché ci sono due lavori degli anni ’70 e due lavori post 2020, con alcuni danzatori di Michele (Pogliani, NDR), che è stato uno dei danzatori della mia compagnia: abbiamo già fatto altri progetti insieme, per cui conosco bene i suoi danzatori. I due Etudes sono stati creati apposta per questo nuovo progetto, per creare una serata nuova con l’aggiunta appunto di nuovi pezzi: uno, Katema, è della fine degli anni ‘70, ed è in silenzio, non c’è musica: filmato a Zurigo, ho deciso di esplorare l’opportunità di unire filmato e danza in contemporanea. Me che danzo nel video, e dal vivo due danzatrici della compagnia di Michele che copiano ed imparano il movimento. Questo è stato un esperimento, mai fatto prima, in quanto è sempre stato un assolo ed adesso è diventato un trio! E’ stata l’opportunità di dire ok, presento questo pezzo di quel periodo, ma anche di fare qualcosa di speciale e nuovo con esso: questa è stata l’idea del programma, perché i due Etudes esistevano già , eseguiti dalla compagnia.

Lei ha fondato la sua propria compagnia più di cinquant’anni fa. Che progetti ha con o senza la sua compagnia per il futuro prossimo?

La mia compagnia ha avuto varie vicissitudini in tanti anni: ci siamo fermati, abbiamo ripreso, poi di nuovo fermi e di nuovo attivi, sto con i danzatori da cinquant’anni, e ciò ha fatto sì che ora abbiamo anche una sede stabile ad Amburgo. Abbiamo presentato nuovi lavori a Berlino ed ad Parigi, e questo è stato molto stimolante per me, aver avuto la possibilità di continuare con la mia compagnia, gestendola in un modo che è abbastanza peculiare; abbiamo lavorato con grandi professionisti come Philip Glass, ma stiamo anche abbastanza per conto nostro, il che ci ha aiutato, tanto che alcuni dei miei danzatori hanno voluto imparare questo aspetto, ossia come gestire una compagnia oltre a farne parte, Ne sono davvero emozionata perché ce l’abbiamo fatta, ci conosciamo così bene da poterci dire, “Ascolta, se questo è troppo basta che me lo dici”, perché c’è moltissimo da fare. Penso che sia abbastanza insolito, ma credo sia una buona soluzione per questi tempi, dove possiamo anche gestirci, sono molto felice per questo. In più, ho altri progetti che non sono ancora stati resti noti, in Francia ed in Olanda, forse anche in Italia, dove vorrei portare un programma che ho fatto con oltre cento allievi a Parigi, del Conservatoire, magari da fare proprio con la Paolo Grassi. Poter entrare in contatto con i giovani è qualcosa che mi piace tantissimo! Poi mi piace lavorare con le compagnie professionali ma anche creare per le opere, è molto stimolante per me lavorare non solo con la mia compagnia, non solo con le compagnie di danza, ma anche con le opere, quando succede è una grande occasione.

Lei è una newyorkese DOC. New York, ma gli Stati Uniti in generale, è una culla incredibile della danza contemporanea, i maggiori coreografi sono americani. Le manca qualcosa di questa atmosfera, vivendo in Europa da tanti anni?

Sì, sono nata a New York, e sono stata fortunatissima a crescere lì, a conoscere Merce Cunnungham quando ero molto giovane, ancora studentessa, negli anni ’50. E’ stato fantastico essere parte di questo centro di creatività nuova, con John Cage per esempio, facendo lezione di tecnica Cunningham. E’ stato incredibile per me, perchè era il momento ideale per essere a New York, e soprattutto per la formazione in generale: i miei danzatori hanno tutt’ora quasi tutti una formazione classica.

Come sta andando la danza contemporanea ai nostri giorni? Ci sono tantissimi stili, tantissime correnti, dove sta andando secondo Lei?

Pina Bausch ha aperto a strada, la gente spesso negli anni ’60 mi chiedeva “Ma è teatro o è danza, o è cosa?”, mentre adesso la strada è ben aperta, chissà cosa ci aspetta. Non sempre è facile per il pubblico comprendere questo stile, ma chissà.

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