Diversificare è fondamentale per ottimizzare i rendimenti attesi, non bastano i BTP

— di Francesco Megna —  

Negli ultimi 12 mesi, il nostro Governo ha più volte catalizzato l’attenzione degli Italiani con emissioni particolari ed esclusive, tra cui il BTP Italia e il BTP Valore. Questi collocamenti hanno ottenuto notevole riscontro, inducendo molti risparmiatori a sottoscrivere gli investimenti in titoli di Stato, perché considerati un ‘porto sicuro’ ma ‘vittime’ di quello che in finanza comportamentale viene classificato home bias, cioè l’equivoco cognitivo che porta un risparmiatore a investire i propri risparmi in ciò che reputa familiare e conosciuto.

Ma se un investitore ha tutto questo tempo non parcheggia il suo capitale per ottenere un rendimento medio del 3-3,5% (con l’inflazione sempre in agguato). L’unico investimento in grado di battere l’inflazione è solo l’azionario di medio-lungo periodo. I dati dimostrano che nel tempo le azioni battono sia l’inflazione che la liquidità (10% in media). Questo non vuol dire che si debba sempre puntare sull’investimento azionario. E’ senz’altro consigliabile sottoscrivere un mix diversificato di più categorie di strumenti finanziari che tendono ad avere reazioni similari in diversi contesti di mercato. E’ inoltre sempre consigliabile una certa selettività: è quindi necessario considerare l’importanza della diversificazione anche all’interno delle asset class. A supporto di quanto descritto si rammenta come le performance dei mercati azionari a cinque anni sia state decisamente lusinghiere con l’MSCI World cresciuto di oltre il 60%, quello Europeo del 30% circa con settori (come l’industria, l’IT, la vendita di beni e servizi) che hanno decisamente sovraperformato. Il 2024, in economia, si sta confermando come un anno di variazioni accentuate e imprevedibili con molteplici variabili di incertezza: il tanto atteso taglio dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, l’inflazione non ancora del tutto domata, i segnali di rafforzamento dell’economia globale, più diffusi nei servizi e le imprevedibili tensioni geopolitiche.

La classica strategia 60/40 che prevede la costruzione di portafogli allocati per il 60% in azioni e per il 40% in obbligazioni, protagonista dell’ultimo periodo di tassi in calo e inflazione contenuta, è stato messo in discussione dal mutato contesto macroeconomico. L’inizio della stretta monetaria cominciata nel 2022 per combattere l’inflazione ha causato forti perdite soprattutto nel comparto obbligazionario. Dallo scorso anno i mercati sono in ripresa, ma per orientarsi in questo clima complicato sono necessarie gestioni dinamiche (che si  adattano in modo automatico alle condizioni dei mercati o, più segnatamente, alla tendenza di fondo dell’indice azionario di riferimento) e flessibilità (perché risulta fondamentale costruire un portafoglio equilibrato tra asset class, settori e aree geografiche): insomma… diversificazione.

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