Roz Chast, fumettista di “The New Yorker” dal 1978, ha pubblicato sul numero di questa settimana un curioso e divertente articolo dal titolo “Fending” (Illustration by Roz Chast)
Fending and Other Terms for Fridge-Foraging Dinners
“Several people liked acronyms” scrive l’autore “OYO (on your own), YOYO (you’re on your own), MYO (make your own), FIFI (find it and fix it), and CORE (clean out refrigerator of everything). Someone told me that her grandmother called it “eating promiscuously.” Someone else, as a kid, called it “orgy.” There were also some non-English expressions for fending. In Persian, it’s khert o pert, which means “odds and ends.” In Quebec, it’s touski. That’s short for -tout ce qui reste-“all that’s left.” In Portuguese, it’s -farrapo velho-. Translation: “old rag.”
E prosegue: “One person told me that, in her family, fending was known as “zoobecki,” which was “icebox” spelled backward. Which is true, if you squint”.
Come potremmo tradurre “Fending” in italiano? E gli altri termini entrati nel vocabolario colloquiale delle famiglie newyorkesi? Fenomeno particolarmente dirompente durante il forzato lockdown di questi mesi.
Fending
La traduzione più semplice sarebbe “difendersi” ma così non significherebbe granché. Meglio passare all’accezione particolare di “cavarsela”, nel senso che l’atto del fending è quello di vedere nel frigo che cosa è rimasto quando quel giorno non si è usciti a fare la spesa. Questo conferma il perché durante il lockdown il fending si sia molto sviluppato.
A Milano, molto prima che si inventassero i frigoriferi, si soleva dire “fare rebattino” quando dopo qualche convivio particolarmente abbondante la famiglia dell’ospite nei giorni successivi golosamente si nutriva dei succulenti avanzi, senza cucinare alcunché di nuovo. Un fending ante litteram?
Rebattino
Ma perché si chiamava rebattino? Nella mia famiglia, ovviamente milanese da generazioni, se ne è discusso parecchio negli anni’60, quando mia nonna Francesca ci raccontava un po’ di aneddoti familiari, che spaziavano dalla sua infanzia nella casa del generale Dezza a Melegnano alle importanti frequentazioni del nonno a Milano dove occupava una posizione accademica e amministrativa di una certa importanza.
Per mio padre non c’erano dubbi: l’etimo di rebattino era quello di “ribattere”, cioè insistere e tornare a riproporre lo stesso menù per due o tre giorni. Mia nonna invece, con una certa fermezza, che non le era in verità abituale, vista la sua eterea dolcezza, diceva che prima della guerra a corte l’interpretazione era un’altra e risaliva alle Novelle del Bandello. A Tunisi, i Cavalieri Rebattini erano a guardia del Castello della Goletta, detto Rebatto: anziani combattenti, dal tempo delle Crociate, erano usi a pasti molto frugali secondo le regole monastiche dell’epoca. Da qui la frase “fare rebattino” ovvero fare come un rebattino, e accontentarsi degli avanzi.
CORE (clean out refrigerator of everything) “eating promiscuously”
Qui ovviamente non si intende “promiscuo” come confusione o mescolanza dei sessi, anche se davanti a un frigorifero semivuoto qualche corpo a corpo fra i giovani più affamati si può verificare, nel tentativo di accaparrarsi qualche avanzo più ambito. Ma certamente si può tradurre il concetto di un pranzo promiscuous più nel significato di messy, incasinato, e anche un po’ sporchiccio. Ecco perché i bambini a New York lo chiamano “orgy.”
Old rag
Sull’interpretazione di questo modo di dire, che in qualche modo avvicina l’antica lingua persiana al moderno portoghese, o alle abitudini canadesi, non mi sento preparato. Certo, anche da noi, quando “volano gli stracci” non è un momento particolarmente tranquillo. Ma qui si tratta di mangiarli, e dato che si parla di avanzi sparpagliati nei frigoriferi, chissà che l’etimo non sia lo stesso dell’italianissima stracciatella?