La democrazia variabile. Gabriele Pedullà e Nadia Urbinati da una parte, Galli della Loggia dall’altra

La crisi dei principi ispiratori delle carte costituzionali vs La democrazia a senso unico + un terzo parere

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La crisi dei principi ispiratori delle carte costituzionali

Il libro pubblicato nel marzo 2024 da Gabriele Pedullà e Nadia Urbinati 
La democrazia afascista – una forma di autocrazia elettiva – è un fenomeno recente e in qualche modo inedito. Anche se nei paesi occidentali i primi segnali di una trasformazione delle regole del gioco democratico risalgono agli anni settanta del secolo scorso, oggi la sua avanzata è particolarmente evidente in Italia, dove il fascismo è nato e dove, soprattutto, nel 2022 gli elettori hanno per la prima volta consegnato il governo del paese a un partito ideologicamente legato al ventennio dittatoriale.

La crisi dei principi ispiratori delle carte costituzionali introdotte all’indomani del secondo conflitto mondiale non riguarda però soltanto l’Italia, tanto da indurre studiosi e opinionisti a parlare di un generale arretramento delle democrazie verso forme autoritarie. È indispensabile quindi mettere a fuoco i tratti fondamentali di questa variante oltremodo insidiosa, che mette a repentaglio le conquiste politiche e sociali del secondo Novecento: per l’appunto la democrazia afascista.

Di fronte alla sfida lanciata dalla destra radicale alla democrazia costituzionale, fondata sui diritti e sulla limitazione del potere politico, è necessario, tuttavia, non cedere a facili nostalgie. Si tratta, piuttosto, di volgere lo sguardo al futuro, rivendicando, specialmente per i più giovani, la straordinaria attualità delle promesse di quella che fu – e in parte è ancora – la democrazia antifascista. Ma per fare ciò occorre prima comprendere da dove viene, e cosa promette di essere, il nuovo assetto che da qualche anno minaccia di prendere piede a tutte le latitudini del globo, nel nome della funzionalità del sistema e della governabilità. Anche se in Italia è probabilmente più facile afferrarne i tratti, “democrazia afascista” è uno dei nomi possibili di un fenomeno che trascende la nostra storia nazionale e che, pure per questa ragione, merita di essere analizzato a fondo.

La democrazia a senso unico

Dal Corriere della Sera l’intervento di Ernesto Galli della Loggia

La guerra civile italiana a bassa intensità che ha per oggetto il fascismo e l’antifascismo non finirà mai finché non sarà possibile mettersi d’accordo su un paio di cose fondamentali tipo che cosa sia la democrazia e che cosa una Costituzione democratica. Non finirà finché due autori come Gabriele Pedullà e Nadia Urbinati — che pure nei loro rispettivi campi di studio occupano un posto significativo — scriveranno un libro come questo Democrazia afascista (Feltrinelli) nel cui retro di copertina si legge «nell’anno III del governo Meloni», che come si capisce è già tutto un programma.
Secondo i nostri due autori la sola democrazia veramente tale è quella «sovversiva» capace di incarnare «un processo rivoluzionario che sovverte potentati e dominazioni e la cui opera non è mai compiuta». Non basta dunque che essa proclami l’eguaglianza dei diritti politici e civili e per il resto si presenti come un regime «neutro», «avaloriale». Deve scendere sul terreno dei programmi sociali.
Proprio per questo la nostra Costituzione «richiede esplicitamente alla Repubblica di impegnarsi nella permanente promozione e difesa dell’eguaglianza di condizione e nel pieno sviluppo della persona umana». Il suo carattere democratico risiede proprio in ciò, nel suo essere programmaticamente valoriale e nell’esserlo ovviamente in una certa direzione — che, come si legge in un altro passo — non può che essere quella socialista o socialdemocratica. In ciò consisterebbe altresì il suo carattere antifascista. Viceversa, secondo Pedullà e Urbinati, è per l’appunto una «democrazia afascista» quella «minimalista e antisocialdemocratica» prediletta dall’attuale maggioranza di governo.
Ciò che realmente stupisce è il fatto che, dette queste cose, i nostri due autori sembrino non rendersi minimamente conto delle gravi conseguenze che esse implicano e non si sentano in dovere di farvi il minimo cenno.

Una terza autorevole opinione

Il commento di un noto magistrato
Un conto è ricordare che la Costituzione ha una impostazione “sociale” (che non vuol dire socialista, perché sotto questo profilo si rifà anche alla dottrina sociale della Chiesa) vedi gli articoli 3,4,31,34,36,37,38,40,41,42,44,47.
Un altro conto dire come fanno Gabriele Pedullà e Nadia Urbinati che la Costituzione italiana è e deve essere socialista. Il che, come giustamente arguisce Ernesto Galli della Loggia, significherebbe svilire il voto e negare legittimità alle forze che socialiste non sono.
Dimenticano i due autori che la Costituzione è la sintesi mirabile di tante e non di una sola componente ideale e politica:
– il pensiero liberale ottocentesco, base illuminista del mondo moderno;
– ⁠la dottrina sociale della Chiesa, con il suo retaggio storico di vicinanza ai poveri e ai derelitti (a prescindere dagli orrori della gerarchia vaticana…);
– ⁠il repubblicanesimo laico e la componente democratica del nostro Risorgimento;
– ⁠e ovviamente anche (ma non solo) il marxismo scientifico, nella sua versione riformista però, che ha suggerito gli articoli sopra elencati.

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