Mario Artali: una raccolta delle diverse dichiarazioni sul politico socialista, manager e uomo di cultura

Mario Artali: politico socialista, manager e uomo di cultura

— di Annachiara De Rubeis — 

Mario Artali, presidente della Fiap Federazione italiana delle associazioni partigiane e capogruppo del PSI nella giunta milanese di Aldo Aniasi, in memoria del quale ha creato e fatto crescere la Fondazione Aniasi, è stato ricordato la sera di mercoledì 27 novembre nella Biblioteca Ostinata in Via Osti 6 grazie ad un’opera di ricerca e di archivio degli approfondimenti della Fondazione stessa. Amici, colleghi e famigliari lo ricordano come politico puro, manager di Stato e privato, il cui spirito socialista è stato il filo conduttore per tutta la sua vita e grazie a cui è emersa la Fiap.

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Il Mario Artali socialista fu deputato nella VI legislatura della Repubblica Italiana con il Partito Socialista Italiano, ha presentato 49 progetti di legge, tra cui nel 1973 una legge con cui aveva favorito la riforma della pubblica assistenza (“straordinario” a detta di uno dei partecipanti dell’incontro) e nel ’75 norme per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, da cui dimostra un riconoscimento molto sensibile per la società. Questa ideologia si manifestava anche nei suoi progetti editoriali sull’antifascismo.

Modello di lavoro e modello politico, quanto è cambiata la situazione oggi

Franco D’Alfonso riflette sui modi di lavorare che rischiano di andare perduti. “Perché quello degli anni 70 è un modello che si è un po’ perso, ma anche quello politicoafferma, “esiste una richiesta, cioè tutto quello che stiamo pensando e facendo, non è una cosa da vecchi archivisti ma è una cosa che serve e che risponde ad una domanda esistente: c’è una grande curiosità dai ragazzi su cosa sia successo dopo Mussolini”. Gli archivi sono una cosa preziosissima però bisogna farli vivere, partendo dai temi che Mario Artali ha fatto e attraversato nella sua vita culturale. È utile far capire, ad esempio, che la politica aveva un suo scorrere con delle ragioni e che, quando c’era una svolta, questa era preceduta da scontri, dibattiti, mentre adesso si cambia linea senza dirlo, in un modo di operare quasi ribaltato.

Il periodo tra il 1942 e il 1946 è ricordato come quello in cui la sinistra ha subito una crisi, in cui molte persone smarrivano la bussola dell’orientamento; Mario Artali, invece, viene ricordato perché riusciva a tenere una barra entro cui cogliere dei no, dei rifiuti e scegliere un percorso diverso, così come invece coglieva degli elementi di vitalità. Inaugurando dei periodi con dei confini, punti di scelta, rivelatrici del futuro, e da questo momento intesse in quegli anni dei legami profondi con esponenti del mondo socialista, del lavoro e istituzionale e costruisce su questo. Questo è memorabile e perseguibile nel tempo.

Aveva un senso di giustizia che gli dava una visione generale delle cose

Racconta la figlia di Mario Artali, Federica Artali: “Un uomo duro per certi versi, ma ci ha sempre dato una visione del mondo a cui tutti appartengono in modo laico. Il 25 aprile era una festa per tutti, anche se non si aveva un’identità forte, con la volontà di riunire nella nostra storia tutte le voci che hanno fatto la resistenza. Aveva un senso di giustizia che gli dava una visione generale delle cose”

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“Per due anni lavorai in maniera meravigliosa con Mario Artali. Mi incoraggiò molto nello sviluppo industriale. Dopo due anni, successe una cosa: l’Italia aveva un debito molto forte, allora per ridurre il debito si decise che l’IRI doveva ridurre delle aziende e tra queste la SME (Società Meridionale Elettrica). Le alternative erano: privatizziamo la SME, oppure la smembriamo e vendiamo le parti ai migliori offerenti. Se la prima ipotesi piaceva molto al presidente della SME, dall’altro nessuno avrebbe comprato una finanziaria con ambienti così diversi. Allora Mario disse: ‘Lo facciamo noi il break up’. Le persone della SME di Napoli avevano sentito che era loro compito occuparsi della SME, ma le aziende vendevano e fatturavano più a nord che a sud. Quando la SME di Napoli venne occupata, l’IRI era in condizioni difficilissime, perché il processo di privatizzazione era già iniziato. L’IRI dovette accettare che la sede della SME venisse liberata a condizione che le persone di Napoli dovessero rimanere lì, e l’IRI riprese il processo di privatizzazione. Mario Artali fu assolto. Finalmente L’iri riuscì a privatizzare le aziende molto bene”.

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