Conflitti e siccità mettono in crisi i due snodi globali di Panama e Suez, riportando le rotte commerciali indietro di oltre un secolo. Con impatto sui costi, e lo spettro di nuova inflazione. Ma anche il Bosforo… 34 miliardi di USD nel 2030: queste le cifre che potrebbero raggiungere i costi al commercio internazionale in conseguenza degli impatti dei cambiamenti climatici in tre punti chiave del trasporto marittimo mondiale. Un nuovo studio guidato dal CMCC evidenzia anche gli effetti sulla produzione e sui prezzi delle materie prime agricole. Il CMCC è un centro di ricerca internazionale che collabora con scienziati, economisti e tecnici che lavorano insieme per fornire analisi approfondite sugli impatti del clima sui sistemi socioeconomici. Il CMCC supporta anche i decisori politici nell’elaborazione e nella valutazione di costi, politiche di mitigazione e di adattamento. Inoltre, la Fondazione promuove e realizza ricerche scientifiche di base e applicate, sviluppa servizi operativi con un elevato contenuto di conoscenza e innovazione tecnologica nei vari settori influenzati dai cambiamenti climatici, favorendo la collaborazione tra università, enti di ricerca nazionali e internazionali, autorità locali e settori manifatturieri. Il CMCC si avvale della vasta esperienza nel campo della ricerca dei suoi Fondatori: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Università degli Studi del Salento, Università Ca’ Foscari Venezia, Università di Sassari, Università della Tuscia, Politecnico di Milano, Resources for the Future, Università di Bologna. Il commercio globaleIl commercio globale si basa su rotte marittime che passano attraverso punti chiave, detti “chokepoints”. Analizzare come il cambiamento climatico influenzerà queste aree chiave per il commercio globale, e quindi sia le economie nazionali che quelle globali, è cruciale per valutare le misure di adattamento, in particolare nel contesto della distribuzione diseguale degli impatti del cambiamento climatico sull’agricoltura. Un nuovo studio realizzato da un team internazionale con ricercatori CMCC e coordinato da Ramón Key, analizza i potenziali effetti macroeconomici del cambiamento climatico che influenzano le operazioni in tre punti chiave marittimi, ovvero il Canale di Panama, il Canale di Suez e gli Stretti Turchi.
Esaminando specificamente le materie prime agricole e utilizzando una combinazione di modelli avanzati che includono anche un modello “logistico” dei flussi di commercio marittimo, lo studio analizza l’andamento dei cambiamenti delle principali variabili economiche esaminate, con risultati simili tra i modelli. In particolare, la ricerca dimostra che il cambiamento climatico influisce sulle operazioni dei chokepoints con effetti sulla produzione e sui prezzi delle materie prime agricole che a loro volta portano a un calo del PIL globale. Infatti, lo studio ha rilevato che, sebbene la ricomposizione del commercio generi sia vincitori che vinti, le perdite totali tendono a prevalere e potrebbero raggiungere i 34 miliardi di USD (prezzi del 2014) nel 2030. “Data l’importanza del commercio delle materie prime agricole come meccanismo di adattamento, l’interesse per questo argomento continua. Ora stiamo cercando di misurare gli effetti simultanei degli eventi climatici che influenzano i chokepoints e la produzione di materie prime agricole in tutto il mondo,” spiega Key. Gli eventi meteorologici in località remote, come il Canale di Panama, potrebbero inoltre avere effetti a cascata sull’Unione Europea, con potenziali perdite di 2 miliardi di USD di PIL. Forse ancor più preoccupante è l’impatto sui paesi a medio e basso reddito: lo studio mostra infatti che il Nord Africa, il Medio Oriente e l’Africa Sub-Sahariana sono ancora più vulnerabili a questi effetti, evidenziando ancora una volta l’asimmetria e la distribuzione diseguale degli impatti del cambiamento climatico sull’agricoltura. Dato che la frequenza e l’intensità degli eventi estremi continua ad aumentare, è quindi necessario implementare ulteriori misure di adattamento nei punti critici del commercio, e gli autori suggeriscono che queste dovrebbero includere investimenti in sistemi di monitoraggio e miglioramenti nell’infrastruttura dei cosiddetti chokepoints. |
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