Politically correct è anche essere chiari nel comunicare ?

Mario Draghi sui vaccini è stato chiaro. Ma anche Benedetto Croce non si preoccupò mai di esprimersi, come si direbbe oggi, in modo politicamente corretto

Per Ilaria Betti, in un suo recente articolo, il “politically correct” non ha invaso soltanto film e serie tv, ma anche gli spot pubblicitari (quintessenza dell’arte di comunicare, aggiungiamo noi, dal secolo scorso).

Il professore di Sociologia Nicola Ferrigni, nello stesso articolo, cita il cantautore australiano Nick Cave“Il politically correct è diventato la più infelice religione del mondo”. Come lui, 150 scrittori, del calibro di Margaret Atwood, Ian Baruma, Noam Chomsky, Salman Rushdie e J.K. Rowling, a luglio 2020 hanno pubblicato una lettera su Harper’s Magazine che aveva lo scopo di denunciare l’intolleranza culturale e quello di difendere la libertà di pensiero e parola. Tutto il contrario del “politically correct”, si direbbe.

Benedetto Croce

L’Enciclopedia Treccani nota che Benedetto Croce nei suoi scritti storico-politici “non si preoccupò mai di esprimersi, come si direbbe oggi, in modo politicamente corretto. A decenni di distanza val sempre la pena di rileggere quei volumi, redatti in un italiano impeccabile, per trarne stimolo non conformistico”. Del 1900 sono le “Tesi fondamentali di un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale” in cui Benedetto Croce si dedica all’esposizione teorica dell’estetica, intesa come scienza dell’intuizione pura, e alla storia dell’estetica, ossia un’analisi delle diverse concezioni della conoscenza intuitiva e della filosofia dell’arte nel corso della storia della filosofia occidentale, a partire dalla negazione platonica dell’arte fino al saggio sul “Riso” di Bergson.

Diego Fusaro bene riassume la concezione teorica sulla quale si fonda essenzialmente l’estetica crociana: l’individuazione della conoscenza intuitiva (rappresentazione immediata) come primo grado dell’attività conoscitiva dello spirito. L’intuizione viene prioritariamente distinta da intelletto, percezione e sensazione, per essere piuttosto identificata con l’espressione, che coincide con l’atto intuitivo, indipendentemente da ogni abilità tecnica. L’espressione risulta anch’essa primo momento dell’attività conoscitiva.

Croce introduce per la prima volta in una sua opera di rilievo la sua proposta di “sistemazione” dell’attività dello spirito, articolata in attività conoscitiva, a sua volta suddivisa in intuizione (arte) e concetto (filosofia), e in attività pratica, distinta in volontà particolare (economia) e volontà universale (etica).

Fermiamoci qui, a questi ultimi due concetti: quanto economia ed etica hanno a che fare con il politically correct? Ma, soprattutto, quanto ne influenzano la capacità di comunicare con chiarezza?

Mario Draghi

Quando Mario Draghi, che quanto a competenza in economia non è secondo a nessuno, dice esplicitamente in una sua conferenza stampa che “chi invita a non vaccinarsi invita a morire” fa bene ad essere così chiaro, o invade il terreno paludoso di un’etica che vorrebbe farsi scudo del politicamente corretto?

Beh, c’è poco da dire: Mario Draghi ha fatto benissimo.

Politically correct, la leadership di un premier nell’emergenza

Paolo Pombeni in un suo recente articolo intitolato “La leadership di un premier nell’emergenza” ha sottolineato come la determinazione e la chiarezza con cui Mario Draghi si è espresso sulla necessità di vaccinarsi “collide con l’immagine del tecnico che parla cifrato e non si assume la responsabilità di guidare partecipando la comunità di cui è a capo”. Ma il passaggio più significativo è quando definisce Draghi “un uomo delle istituzioni … una riserva della repubblica … un civil servant…”

Civil servant

Finalmente il termine “civil servant”, diffuso fin dal Medioevo nel mondo anglosassone con valenze fortemente positiveinizia a circolare anche in Italia, e non soltanto nel significato letterale di “funzionario pubblico” ma soprattutto nella sua più squisita accezione filosofica di “servitore dello Stato”. Perché una volta per tutte va chiarito che il verbo “servire” e il termine “servitore” non sottintendono solo il significato transitivo di “servire qualcuno”, ovvero di essergli sottoposto e di eseguire i suoi ordini, ma anche quello intransitivo ben più consistente di “servire a qualcuno”, essergli nel più semplice dei casi utile, ma nella più complessa delle situazioni rivelarsi un solido appoggio, anzi un contributo determinante, nello sviluppo di strategie, operatività, diffusione di idee e di consapevolezza  di princìpi di alto profilo, sui quali si basa il futuro di una nazione. Proprio quello che sta facendo Mario Draghi.

E’ questa la correttezza in politica? Sì.

Dello stesso parere è certamente Massimo Giannini, che oggi scrive: “Le parole pronunciate da Mario Draghi dopo l’ultimo Consiglio dei Ministri segnano un confine etico, politico, democratico del nostro tempo”.

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