TRUMP VUOLE RIAVVICINARE LA RUSSIA AGLI STATI UNITI E STACCARLA DALLA CINA. MA È UNA STRATEGIA REALISTICA?
— di Leonardo Borella e Daniele Mangano —
Trump, in piena corsa per un ritorno alla Casa Bianca, ha rilanciato una strategia che ricorda i grandi giochi della Guerra Fredda: riavvicinare economicamente la Russia agli Stati Uniti e spezzare l’asse sempre più saldo tra Mosca e Pechino. In dichiarazioni recenti, l’ex presidente ha affermato che l’attuale alleanza russo-cinese è “innaturale” e “pericolosa per gli equilibri globali”. Dietro queste parole si cela un piano ambizioso e controverso di riavvio delle relazioni economiche con la Russia, anche a costo di rivedere parte delle sanzioni imposte dopo l’invasione dell’Ucraina.
L’asse tra Vladimir Putin e Xi Jinping si è consolidato negli ultimi anni, rafforzato dalle sanzioni occidentali e da interessi comuni contro l’egemonia statunitense. Trump, da parte sua, sembra voler invertire le parti rispetto alla celebre strategia di Nixon degli anni ’70, quando gli Stati Uniti si avvicinarono alla Cina per isolare l’URSS.
Oggi, l’idea è l’opposto: usare la leva economica e diplomatica per tirare Mosca fuori dall’orbita cinese. “La cooperazione tra Russia e Cina non è naturale.” Tuttavia, numerosi analisti invitano alla prudenza. Maximilian Hess, esperto di geopolitica economica, ha sottolineato come molti dei settori in cui Trump vorrebbe investire come quello delle terre rare siano complessi da sviluppare in Russia, soprattutto nelle aree controllate militarmente o soggette a sanzioni. “È una proposta più retorica che realistica, almeno nel breve periodo”, afferma Hess. Inoltre, l’idea di separare Russia e Cina potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Pechino è oggi il principale partner commerciale di Mosca, fornisce tecnologia, acquista energia e garantisce un sostegno diplomatico fondamentale nei consessi internazionali. Se da un lato l’idea di ridurre la cooperazione russo-cinese può piacere a una parte dell’establishment americano, dall’altro c’è il rischio di legittimare un regime ancora coinvolto in un conflitto aperto in Ucraina. Qualsiasi apertura economica verso Mosca dovrà fare i conti con l’opinione pubblica occidentale, con il Congresso e con i partner della NATO.
Eventi storici e più recenti della guerra
Crisi di Cuba (1962)
Nel 1962, l’Unione Sovietica decise di schierare missili nucleari a Cuba, a soli 90 miglia dalle coste americane, come risposta alla crescente minaccia percepita dai missili statunitensi in Turchia. Per Mosca, Cuba rappresentava una sorta di scudo contro l “accerchiamento” da parte degli Stati Uniti. Questo episodio culminò nella Crisi dei Missili di Cuba, che portò il mondo sull’orlo di una guerra nucleare, ma si risolse grazie a un delicato equilibrio diplomatico tra Kennedy e Krusciov, che furono disposti a fare concessioni reciproche.
Georgia (2008), Ucraina (2022)
Nel 2008, la Russia intervenne militarmente in Georgia, un paese che cercava di avvicinarsi alla NATO. Questo intervento fu una risposta alla percezione che l’Occidente stesse avanzando troppo vicino ai confini russi. La Georgia, insieme all’Ucraina, era vista come un obiettivo chiave per la NATO: Mosca fece capire chiaramente che non avrebbe tollerato l’ingresso di questi Paesi nell’Alleanza Atlantica. Nel 2022, Putin giustificò l’invasione dell’Ucraina con la stessa motivazione: l’espansione della NATO e l’inclinazione dell’Ucraina verso l’Occidente rappresentavano una minaccia esistenziale per la Russia. Mosca temeva che l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica avrebbe portato le truppe NATO direttamente ai suoi confini. La situazione, per Mosca, era simile a quella di Cuba durante la Guerra Fredda, dove la presenza di missili sovietici rappresentava una barriera contro l’influenza degli Stati Uniti.