I mercati restano tonici
— di Francesco Megna —

D’altronde è nella loro natura anticipare altri scossoni. Diciamo che si navigherà ancora a vista, un po’ come è accaduto dall’inizio dell’anno e, soprattutto, dopo il Liberation day di aprile. E poi è ancora presto per valutare quale sia il reale impatto. Probabilmente l’effetto dazi si comincerà a misurare nelle trimestrali di ottobre.

Agosto, mese in cui le negoziazioni sono più ridotte, può riservare anche brutte sorprese. Basta un piccolo evento per provocare un acquazzone e dunque bagnarsi. Guardando invece da qui alla fine dell’anno l’intonazione resta positiva anche se negli ultimi tempi i mercati hanno perso un po’ di energia. Ma, aggiungo, forse, non è un male. Nonostante diversi fattori esterni come le guerre, i tassi e poi i dazi, le Borse europee e americane anche in questo 2025 hanno continuato ad aggiornare i massimi, segno che l’economia è sana. E direi che questo è il dato più importante, decisivo. Che non mette al riparo da imprevisti, ma consente di rimanere ottimisti sul lungo periodo.
Ci sono le basi per una ripartenza passata l’eventuale buriana. I mercati restano tonici. All’orizzonte c’è uno spauracchio: ottobre, dove la storia rimanda a due clamorosi crolli in Borsa in questo mese: il primo nel 1929 con il 24 e il 29 ottobre che segnarono il crollo di Wall Street e l’inizio della Grande Depressione, l’altro nella settimana dal 6 al 10 ottobre 2008 dopo il fallimento della Lehman & Brother, l’ultimo grande KO dei mercati finanziari. Ma due episodi in cento anni di storia non sono buoni neanche per la statistica. Al massimo per gli almanacchi. Perché allora non ricordare il marzo 2020? Oppure il settembre 2001 dopo il crollo delle torri di New York? Poi, certo, una correzione ci può stare.
Storicamente i mercati ogni cinque anni si prendono una pausa. Magari accade prima o dopo, ma una flessione va messa in conto. Tuttavia se il gestore è bravo e avrà rispettato il profilo dell’investitore non c’è da aver paura: la correzione dei mercati limerà gli ampi guadagni ottenuti prima, assicurando comunque un ritorno interessante al risparmiatore. Inoltre, quando si è di fronte a un periodo come quello attuale dove i mercati, nonostante alcune battute d’arresto rapidamente recuperate – come è accaduto ad aprile dopo l’annuncio dei dazi da parte di Trump – corrono da più di tre anni, può essere utile, se si ha liquidità, aggiungere al proprio portafoglio un piano di accumulo capitale che consenta di sfruttare al meglio un’eventuale tempesta sui mercati.
Tra i vari trend in voga in questo periodo si sente molto parlare di intelligenza artificiale: le società legate all’AI sono molto ricercate in questo periodo come sempre accade quando sul mercato sbarca una novità. Tutti vogliono quei titoli sulla scia di performance adrenaliniche. Senza dubbio l’intelligenza artificiale è destinata ad avere sempre più spazio nella storia delle aziende e delle persone e quindi a riscuotere interesse nelle Borse. Ma immagino un percorso simile a quello che ha rappresentato l’online per le banche: uno strumento utile per integrare le dinamiche tradizionali.
L’oro resta il bene rifugio per eccellenza. Semmai può essere utile in questo periodo di quotazioni da massimo storico puntare su acquisti a rate, per surfare al meglio gli andamenti altalenanti del mercato. Per quanto riguarda invece le commodity il petrolio rappresenta sempre un’incognita, ha dinamiche sfuggenti. Meglio forse privilegiare le aziende che operano nel settore petrolifero. In ogni caso è una decisione per la quale vale la pena davvero affidarsi a un gestore. E comunque destinerei una quota minima del portafoglio.
Francesco Megna