Friendflation: quando la vita sociale diventa un lusso
Dalla cena fuori al weekend all’estero per un addio al nubilato: le spese sociali sono sempre più percepite come un obbligo. E giovani e famiglie iniziano a pagarne il prezzo.
Sui social siamo costantemente bombardati da fotografie che mostrano uno stile di vita invidiabile. E anche se non ne abbiamo i mezzi, rifiutare l’occasione di incontrare un amico può essere difficile. Il termine “friendflation” descrive la combinazione di pressioni (spesso involontarie) da parte del nostro entourage e del contesto inflazionistico. Un termine italiano non è ancora stato coniato, ma probabilmente è in fase di elaborazione, una via di mezzo fra “cazzeggio fra amici” e l’antico “voglio ma non posso”.
La “friendflation” può colpire chiunque, indipendentemente dall’età e dal contesto sociale.
Nel Regno Unito, la stampa internazionale ha ribattezzato appunto il fenomeno friendflation: l’inflazione da amicizia. Un termine coniato dal Financial Times per descrivere la pressione a spendere sempre di più pur di tenere il passo con amici e conoscenti, spesso alimentata da ciò che si vede sui social.
Dal Regno Unito all’Italia, la pressione economica dei rapporti tra amici
Il caso britannico
Secondo l’Office for National Statistics, la spesa media settimanale per famiglia è salita a £567,70 nell’anno finanziario 2022-2023, ma in termini reali è diminuita del 4% rispetto all’anno precedente. Nonostante ciò, settori come ristorazione, hotel e intrattenimento hanno continuato a crescere nominalmente.
L’impatto più evidente si registra nelle spese sociali legate a matrimoni, compleanni e viaggi tra amici: per partecipare a un matrimonio come invitato si superano le £450 di spesa media, mentre un addio al celibato o al nubilato internazionale può facilmente arrivare oltre le £1.200. In un contesto di salari stagnanti e inflazione elevata, molti giovani adulti raccontano al Financial Times di aver dovuto rifiutare inviti per mancanza di mezzi, con il conseguente timore di esclusione dal gruppo.
E in Italia?
Nel nostro Paese, fenomeni analoghi stanno emergendo, sebbene con cifre più contenute. Secondo dati ISTAT, la spesa per ristoranti e alberghi è cresciuta del +13,2% nel 2023, trainata soprattutto dai consumi dei giovani under 35. Anche in Italia i social alimentano la pressione: viaggi “instagrammabili”, cene in locali alla moda e feste sempre più costose vengono percepiti come tappe quasi obbligate.
Un’indagine SWG del 2024 ha mostrato che oltre il 40% dei giovani italiani dichiara di sentirsi in difficoltà economica nel sostenere le spese legate alla vita sociale. Tra i più citati: concerti, vacanze brevi e cene fuori casa.
Quali spese hanno davvero valore?
Il Financial Times sottolinea che non tutte le uscite sociali sono “spese sprecate”: alcune hanno un forte valore emotivo e relazionale. Le più “giustificate” sono quelle legate a esperienze memorabili e significative come compleanni, anniversari, riunioni familiari, mentre quelle motivate solo dall’apparire online o dall’imitazione degli stili di vita altrui rischiano di trasformarsi in costi insostenibili.
Una questione culturale, non solo economica
Gli esperti intervistati dal Financial Times osservano che il problema non è l’esistenza di spese sociali, ma la mancanza di strumenti culturali per dire “no” senza sentirsi esclusi. Creare un equilibrio alternando momenti costosi ad attività gratuite come picnic, passeggiate, visite a musei o cene casalinghe potrebbe essere la via per mantenere la vita sociale viva senza compromettere i bilanci familiari.
Il FT sottolinea che l’uso dei social media e la cultura dell’esperienza hanno amplificato le aspettative: non si tratta solo del desiderio di uscire con amici, ma del bisogno di far vedere di poter partecipare. Racconti come quello di Sarah, giovane impiegata che ha dovuto rinunciare a un weekend da £2,500 perché troppo costoso, sono esempi concreti del conflitto tra desiderio sociale e capacità finanziaria.
Il rapporto sostiene che “parità” tra amici, cioè rispettare i limiti finanziari altrui, ridurre le spese ostentate e alternare attività più care con quelle più economiche, può essere una soluzione sostenibile.