Guerra da remoto

Il 17 marzo del 1848, i veneziani antiasburgici guidati dall’avvocato Daniele Manin si ribellarono contro il dominio austriaco, rendendosi coprotagonisti dei moti insurrezionali che, durante quel proverbiale anno, infiammarono l’Europa. Le ribellioni italiane si declinarono subito nella prima guerra per l’indipendenza dall’Impero. Il 4 luglio, Venezia optò per l’annessione al Regno di Sardegna, rendendo i Savoia padroni del territorio Lombardo-Veneto. Tuttavia, dopo la sconfitta a Custoza e l’armistizio di Salasco, i piemontesi si ritirarono, lasciando la città nella morsa di Josef Radetzky. La strenua resistenza veneziana, indusse la marina militare austriaca a cercare una soluzione innovativa per averne ragione. Il vaporetto SMS Vulcano, comandato dal capitano Ludwig Kudriaffsky, rilasciò nell’aria dei palloni aerostatici carichi di esplosivo che un sistema a miccia avrebbe dovuto precipitare sull’abitato appena i dispositivi lo avessero sorvolato. Il primo bombardamento documentato della storia fu dunque portato avanti da velivoli privi di equipaggio e fu un fiasco: il vento cambiò, i palloni deviarono e parecchi rilasciarono le bombe proprio sulle linee degli assedianti, colpendo persino la stessa nave che li aveva lanciati. Venezia cadde grazie alle più tradizionali armi d’assedio che esistano: la fame e il colera.

Durante la prima guerra mondiale, furono creati piccoli velivoli radiocomandati, come l’Aerial Target, o dotati di giroscopi che ne stabilizzavano la rotta, come la bomba volante Hewitt-Sperry. Fu tuttavia durante la seconda guerra mondiale che l’uso di palloni incendiari e altri dispositivi automatici dilagò, insieme all’utilizzo dei primi vettori esplosivi a lungo raggio da parte della Luftwaffe: i Vergeltungswaffen, cioè il missile da crociera Fieseler Fi 103 (V1) e il missile balistico Aggregat 4 (V2). Sul fronte opposto, l’attore e aviatore britannico Reginald Denny, negli anni Trenta aveva aperto negli Stati Uniti una ditta che produceva strumenti radiocomandati, come il drone OQ-2 Radioplane di cui realizzò più di 15’000 esemplari per le Forze Armate.

Durante la guerra fredda, la balistica ricevette un apporto crescente da parte dell’informatica per annettere alle testate nucleari una congerie di sistemi di sicurezza e controllo connessa a una rete di sensori. Sempre più operazioni divennero svolgibili da remoto, arrivando lentamente a equipaggiare questi strumenti di distruzione con computer in grado di prendere contromisure automatiche in risposta a vari tipi di problema, molte delle quali non sono orientate solo al raggiungimento dei bersagli, ma anche alla sicura gestione del materiale fissile e alla possibile necessità di un auto-disinnesco. I missili intercontinentali hanno giovato dell’esperienza astronautica nell’uso di sonde dotate di avanzati automatismi, diventando sempre più simili alle odierne munizioni circuitanti, meglio note come droni kamikaze.

Negli anni Ottanta, le aviazioni militari dovettero affinare i sistemi di soppressione delle difese antiaeree nemiche con missili capaci di modificare intelligentemente i propri piani di volo, aggirando gli ostacoli inattesi, agganciando il proprio obiettivo ed eventualmente cancellando la propria missione, disinnescandosi, autodistruggendosi o atterrando per essere recuperate. Oggi si tratta di droni avanzati che possono anche alzarsi in volo per minacciare o esplorare, tornando alla base nel caso in cui una detonazione risulti innecessaria agli occhi di chi le controlla da remoto o ai propri stessi sistemi di analisi. Parlando di armi intelligenti o di guerra chirurgica, ci si riferisce tanto a questi sistemi, quanto all’uso di bombe progettate con limitazioni importanti della propria capacità distruttiva, armi magari più penetranti e dirompenti, ma estremamente precise e pressoché prive di conseguenze a lungo termine in fatto di inquinamento. Lo sviluppo della robotica, dell’intelligenza artificiale, dell’esplorazione spaziale e delle armi intelligenti hanno continuato nei decenni a stimolarsi reciprocamente. I piccoli quadrirotori civili che affiancano ora molti professionisti e altrettanti amatori devono moltissimo ai progressi realizzati in questi settori.

Quando pensiamo ai droni militari, ci riferiamo normalmente a macchine completamente diverse da queste, molto più avanzate e costose: caccia stealth come il Northrop Grumman X-47B, prodotti a partire dal 2011, sono velivoli senza pilota di grandi dimensioni (una dozzina di metri) che possono anche effettuare rifornimenti in volo. Tuttavia anche i droni militari stanno traendo vantaggio dalla miniaturizzazione generale delle tecnologie e dalla loro ottimizzazione, specie in fatto di consumi. Il trend sembra quindi condurre alla creazione di modelli sempre più piccoli, economici e utilizzabili in gruppo. Fisiologicamente, simili strumenti non restano appannaggio esclusivo dei più grandi e meglio organizzati eserciti del mondo, ma si diffondono anche a milizie parastatali o gruppi armati di variegata estrazione che possono più facilmente farne un utilizzo pericoloso e terroristico. Il dibattito sulle norme etiche cui sottoporre questo ramo dello sviluppo tecnologico è acceso ed estremamente attuale, anche perché enti governativi come la CIA, che utilizzano contro il terrorismo stesso queste armi sempre più accurate, sono diventati capaci di compiere delle vere e proprie esecuzioni sommarie che magari avvengono in Paesi nei quali non è nemmeno in corso una guerra. La legittimità degli omicidi mirati è stata più volte contestata dalle Nazioni Unite, per esempio con l’intervento dell’avvocato sudafricano Cristof Heyns, durante l’assemblea generale del 13 settembre 2013.

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