A volte basta un “like”

“I like sui post antisemiti pubblicati nei social network costituiscono un grave indizio del reato di istigazione all’odio razziale”: si è pronunciata in questi termini, negli scorsi giorni, la Suprema Corte di Cassazione. “Il gradimento, infatti, non solo dimostra, incrociato con altre evidenze, l’adesione al gruppo virtuale nazifascista”, si legge nella sentenza, “ma contribuisce alla maggiore diffusione di un messaggio, già di per sé idoneo a raggiungere un numero indeterminato di persone”.

I fatti

Tizio, sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione e firma all’autorità giudiziaria, è stato accusato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, ai sensi dell’articolo 406bis del codice penale. A fondamento dell’illecito ci sarebbe l’attività social di Tizio, costellata di “like” a post dichiaratamente antisemiti pubblicati da un gruppo neonazista.

Ed è proprio alla Corte di Cassazione che Tizio propone ricorso avverso la misura cautelare che gli è stata inflitta, sostenendo che i “like” siano una mera espressione di gradimento, e che da essi non sia possibile dedurre l’automatica adesione agli ideali del gruppo a cui i post “incriminati” appartengono.

La Cassazione respinge il ricorso

Ma la Cassazione non è d’accordo: se da un lato è vero che i “like” sono una semplice espressione di gradimento, dall’altro contribuiscono certmente alla diffusione di un messaggio. “La funzionalità newsfeed”, ossia il continuo aggiornamento delle notizie, spiega la Suprema Corte, “e delle attività sviluppate dai contatti di ogni singolo utente è, infatti, condizionata dal maggior numero di interazioni che riceve ogni singolo messaggio”. E se il messaggio descrive gli ebrei come i “veri nemici” o la Shoah come “una menzogna madornale”, ecco che si configurano, in un batter d’occhio, i profili della propaganda e della discriminazione razziale. Un like su Facebook, in base all’algoritmo, equivale a una possibilità in più che quel post abbia una maggiore visibilità sulla piattaforma.

E nel caso di Tizio i like, incrociati a conversazioni anche su altri social, non hanno lasciato spazio a dubbi.

 

Nel mondo dei social chiunque può ritagliarsi uno spazio per esprimere il proprio pensiero. Sta a noi utenti, però, capire quando quel pensiero meriti di essere diffuso e quando, invece, è bene che resti confinato alla “bacheca” del suo autore.

Da oggi, quindi, attenzione anche ai pollici in su che lasciamo disseminati per i social network…

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