Le discoteche in Italia riportano la musica degli anni 90 in pista. I ragazzi ballano sui remix

Intervista a Mario FargettaGetFar” a cura di Annachiara De Rubeis – 

È proprio così, il ritorno della musica degli anni 90 nelle discoteche sta avendo un grande successo.

I remix oggi non sono un optional, ma un must dei dj, un flusso che scorre dalla sala da ballo, alle basi di reels e video sui social, fino a sfondare tra le vette delle classifiche di Spotify.

Seguiamo il flusso di questo connubio con uno dei portatori in Italia della musica anni 90 per eccellenza: GetFar Fargetta, in un’intervista dagli inizi della carriera come dj all’evoluzione della musica e di questo mestiere.

GetFar

Mario Fargetta, meglio noto come GetFar, è un dj, produttore discografico, regista radiofonico italiano, esperto della musica house e dance riconosciuto a livello nazionale e oltre. Padre della musica dei millennials, amico delle migliori discoteche italiane, chi meglio di lui può descriverci il mondo della vita notturna, in un mix dalle origini ad oggi? Tra tour, radio, produzioni discografiche, calcio e sano divertimento, fermiamoci un attimo per scambiare due chiacchiere con uno degli innovatori della musica dance in Italia.

La storia iconica di un futuro dj

Nato a Lissone negli anni 60, nel cuore della Monza Brianza, inizia qui il suo viaggio alla scoperta della musica e della radio.

Cosa ti ha spinto a diventare dj? Com’ è nata la tua passione per la musica?

“Mi sono innamorato di Radio Milano International, One-O-One, quella che oggi è diventata Radio 101. Così ho iniziato a mettere la musica nelle feste degli amici. La domenica, chiusi in garage, facevamo i party ed io ero in console a suonare. Finché un giorno un mio amico, vista la mia passione, mi ha iscritto volontariamente ad una gara di dj in una radio di provincia.

Ho partecipato e l’ho vinta, perché vinceva chi riceveva più telefonate. Tutti i miei amici hanno telefonato… Quindi meritatamente o immeritatamente, ho vinto questa gara”.

Qual è stato il tuo trampolino di lancio?

“Il trampolino vero e proprio è stato quando Linus ha detto: ‘Vieni a Radio Deejay’. La mia vita è cambiata, uscivo dall’ordinario”.

Quello del dj oggi è un mestiere così diffuso che sembra essere contemporaneo da sempre, ma in quegli anni cosa voleva dire intraprendere questa carriera non ancora radicalmente affermata?

“Quando ho lasciato il mio lavoro, il titolare dell’azienda mi ha risposto: ‘Ma che lavoro è la radio?’. Direi che oggi è un mestiere che sì è espanso talmente tanto, che il problema non si pone, anzi”.

Cosa facevi prima della radio? Avevi un piano B?

“Per un periodo della mia vita ho fatto il tappezziere, ma facevo anche lo speaker a Superantenna, una radio di Monza molto importante, e due volte a settimana avevo gli allenamenti di calcio con la partita di domenica. Il calcio era imprescindibile per me. Quando è arrivata la proposta di Linus di andare a Radio Deejay non ci ho pensato due volte. Ho detto a mia madre: ‘Mollo tutto e vado a Milano’”.

Da dove traevi la tua ispirazione?

“Ascoltando Radio Milano International mi sono ispirato a quel sound americano perché era di un certo livello. Quindi, quando ho iniziato a produrre mi ispiravo proprio a quello. Le basi le adattavo al periodo in cui le producevo”.

Com’è la vita in tour? Quali sono gli aspetti più faticosi di questo lavoro? È tutto rose e fiori come sembra?

“Non è tutto rose e fiori, sono consapevole di fare uno dei lavori più belli che ci siano. Certo la cosa più bella è fare il lavoro che ti piace. Però, se lo guardi sul lato dei tour è molto faticoso. Diciamo che ci sono delle regole da seguire che sono: non bere, non fare uso di droghe, recuperare sonno come ti capita”.

Calcio o musica? Come porti avanti queste due passioni?

“Nel calcio è rimasta tanta passione. Non posso più giocarlo perché l’ho fatto talmente tanto che, essendo attaccante, mi hanno massacrato le caviglie, e adesso ho dei dolori incredibili. Ormai ho messo l’anima in pace. Però questa passione rimane, seguo il campionato di calcio italiano e nel mondo, ci sono, non mi scappa niente. La passione per la musica è una malattia, me la porterò per tutta la vita, perché non posso stare senza produrre. Ogni volta che sento una canzone trovo sempre lo spunto per farne un’altra. Quindi ho uno studio di produzione, un ragazzo che lavora con me; dando le direttive riusciamo a produrre. La passione per la radio non passerà mai, perché ce l’hai attaccata addosso”.

Cosa vuol dire remixare brani conciliando il tuo stile personale con le mode dei tempi?

“Bisogna essere bravi a seguire il sound del momento e personalizzarselo”.

Deejay Time Adventour con Albertino, Molella e Prezioso: com’è nata l’idea di questo tour di successo?

Adventour è il nome che abbiamo dato al tour dell’estate scorsa.

Visto che da qualche anno la musica anni Novanta è ritornata e le discoteche hanno cominciato a riproporla con grande successo, allora a quel punto ci siamo guardati e abbiamo detto: ‘Ma scusa, perché non la facciamo noi che siamo proprio quelli che l’hanno portata al successo?’. Quindi ci siamo organizzati, abbiamo pensato di fare qualcosa in grande con un palco incredibile. Chi viene a vedere il nostro spettacolo si trova davanti ad un concerto. Non ci sono cantanti, ci siamo noi quattro che ci alterniamo alla console, mezz’ora a testa, sono due ore di spettacolo, musica dove non puoi stare fermo, due ore dove la gente balla, canta e si diverte. Ti ritrovi davanti quelli che ti ascoltavano 20 anni fa con i figli che si divertono. È una festa incredibile”.

Prossimi eventi?

“Parlando proprio del Deejay Time, la prossima data è il 16 dicembre a Caorle”.

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