ChatGPT: qualcuno ha mai letto i termini di servizio e l’informativa privacy?

La risposta è: probabilmente no. Ma ci sono alcune clausole che dovremmo analizzare con attenzione. Partiamo dalle basi.

OpenAI e ChatGPT: cosa sono?

OpenAI è un’organizzazione di ricerca sull’intelligenza artificiale fondata nel 2015, che ha lo scopo di promuovere e sviluppare un’intelligenza artificiale amichevole, di modo che l’umanità possa trarne beneficio.

A fine novembre 2022, OpenAI lancia ChatGPT: un chatbot basato sull’intelligenza artificiale, che simula la conversazione con una persona in carne ed ossa. Il software ha suscitato scalpore nelle ultime settimane, portando gli utenti a chiedersi fino a che punto la tecnologia potrà sostituire l’intervento umano.

In effetti, il bot è stato usato per compiere diverse attività tipicamente umane: non solo è in grado di rispondere a semplici domande, ma riesce anche a svolgere lavori creativi, come comporre canzoni o poesie, a creare modelli di documenti, o a correggere codici informatici. 

Quanto ai termini e condizioni, i punti salienti sono 4. 

L’età

1. Innanzitutto, gli utenti di ChatGPT devono avere almeno 18 anni; comprensibile, trattandosi di uno strumento delicato e – almeno potenzialmente – pericoloso. Poi, che questo limite sia facilmente aggirabile, è un altro discorso. 

La responsabilità di ChatGPT

2. In secondo luogo, l’articolo 7 sancisce una limitazione di responsabilità di ChatGPT e dei suoi affiliati o licenziatari, con riferimento a danni indiretti, incidentali, speciali, consequenziali o punitivi, compresi i danni per perdita di profitti, avviamento, uso o dati o altre perdite patiti dall’utente. ChatGPT, infatti, specifica che il servizio è fornito “as is” (così com’è), e si limita ad un indennizzo pari al valore massimo tra quanto pagato dall’utente per il servizio che ha dato origine al reclamo nei 12 mesi precedenti l’insorgere della responsabilità e 100$. Una somma decisamente troppo bassa, considerate le conseguenze che potrebbero derivare da un software di questo tipo.

La paternità dei contenuti

3. Quanto alla condivisione dei contenuti realizzati tramite il programma, ChatGPT richiede che l’utente si attribuisca tali contenuti e che espliciti chiaramente che i contenuti sono stati realizzati avvalendosi dell’intelligenza artificiale. E questo, recita la policy dedicata, per “mitigare i possibili rischi di un contenuto generato dall’intelligenza artificiale”.

La protezione dei dati

4. Si apre poi il tema della protezione dei dati e, anche in questo caso, la società fornisce una policy ad hoc. Il fatto è che la normativa applicata è esclusivamente quella californiana, sebbene il servizio si rivolga anche ad utenti dell’UE, dove è in vigore il GDPR, che presenta regole decisamente più tutelanti per gli interessati. Gli utenti europei, nel caso in cui utilizzino il servizio per trattare dati personali, possono richiedere un “Data Processing Addendum”, inviando una mail all’indirizzo [email protected]. Nonostante ciò, tuttavia, l’informativa privacy non è affatto chiara in merito alle modalità del trattamento. In sostanza, che fine fanno i dati personali che gli utenti inseriscono nelle proprie richieste?

 

Questi solo alcuni degli aspetti della documentazione che fanno storcere il naso. ChatGPT è uno strumento dalle infinite potenzialità, sia nella vita personale che in quella professionale, ma forse, al momento, non presenta le garanzie sufficienti per essere utilizzato e sfruttato come dovrebbe a trecentosessanta gradi.

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