Al MIND Alda Merini. La storia della poetessa milanese contro l’omologazione e l’odio nella società

L’evento dedicato ad Alda Merini si è tenuto al MIND di Milano

— di Annachiara De Rubeis

L’evento

“Dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto che non ero mai abbastanza” Alda Merini

Sono queste le parole scelte dall’Avv. Ebla Ahmed, Presidente dell’Associazione Senza Veli Sulla Lingua, come motto a supporto di tutti gli uomini, le donne e i ragazzi indifesi. Infatti, tra le tante iniziative del centro antiviolenza, l’ultima è stata una rassegna culturale dedicata ai giovani, realizzata con il contributo di Fondazione di Comunità Milano.

La celebre poetessa Alda Merini è stata la protagonista dell’ultimo degli eventi, tenutosi il 24 maggio nel distretto MIND di Milano, che ha visto come partecipanti diversi studenti, artisti ed autorità locali, tutti riuniti in memoria di lei.

Particolarmente preziosa è stata, inoltre, la presenza di Laura Bertassello, nipote della poetessa cui era tanto legata, che attraverso racconti e testimonianze da lei tracciate, ha lasciato un ricordo indelebile e sempre fresco nella mente dei ragazzi.

La storia della zia indomita, la libertà e la società

(Nella foto a sinistra la nipote Laura Bertassello con Ebla Ahmed e Sonia Bedeschi)

A quanto racconta la nipote, non c’era “niente di normale”. Alda Merini è stata indomita da sempre, da piccola e da adulta. E non erano stati i momenti di buio a definirla e a renderla l’artista che è, anzi, “i momenti bui accadono a tutti, e Alda Merini è diventata tale proprio nonostante il manicomio”. Non era nata per fare la moglie, ma il poeta, e se quando usciva dal manicomio trovava la sua resurrezione, poi ricadeva nella società subito dopo, come se fosse all’inferno.

“Io non credo che lei avesse una vera e propria malattia mentale, ma credo che si sia creata una frattura quando ha cercato di adeguarsi alla società e poi ri-essere accettata in quanto donna” racconta Laura.

Qual è il senso della libertà? È questa la domanda che la Merini si pone. Una sfida sempre aperta, per ognuno di noi, in ogni tempo. E se nei manicomi non c’erano i libri, perché “i matti” non avevano diritto alla cultura, e la società tendeva ad incasellare gli individui, addomesticandoli a ruoli e stereotipi prefissati, che senso aveva la vita? Effettivamente la Merini lo sapeva: la vita non ha un senso, al massimo ti dà un senso. A cambiare è l’individuo da dentro, nel suo modo di guardarla.

Alda Merini. La sofferenza

Ed è proprio su questa prospettiva che si è ricollegata la nota opinionista tv Suor Monia Alfieri, Cavaliere al merito della Repubblica italiana e Ambrogino d’oro 2020, sostenendo che la sofferenza che la Merini ha provato e il suo modo di trasformarla in qualcosa di più, sono state la chiave per il raggiungimento della libertà. La poesia, il suo talento, è stato il suo modo di trascendere sentimenti come la rabbia, il rancore o l’invidia verso una società che rende schiavi del conformismo e che intrappola l’individuo.

Particolarità, talenti nascosti, diversità

Anche Marcello Foa, giornalista ed ex Presidente Rai, ha partecipato all’evento lasciando un messaggio ai ragazzi: un incoraggiamento ad ascoltare le proprie voci, seguendo la propria autenticità nella società. A maggior ragione che “viviamo oggi, in una società così complessa e affascinante, nonché ricca di opportunità, ma anche di costante paura”.

Presente anche Alessandro Fermi, Assessore di Regione Lombardia, che nel suo intervento ha affermato: “La grande fortuna del capitale umano di Milano è la diversità”.

Importante, inoltre, la presenza di Diana Battaggia, responsabile Poesia La Vita Felice che ha contribuito alla realizzazione e gestione di Casa Merini a Milano.

L’evento si è concluso sulle note di Azzurro di Celentano, una delle canzoni preferite dalla Merini, e per questo cantata sul momento dai ragazzi.

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