Fedez vs Rai: quando il diritto di critica travolge il diritto alla privacy

Il discorso di Fedez al Concerto del 1° maggio andato in onda su Rai3 è ormai diventato un noto caso mediatico che, al di là delle motivazioni ideologiche e di principio sottostanti, costituisce un interessante spunto di riflessioni (anche) giuridiche.

“Diritto di cronaca” e “diritto di critica”

È bene partire facendo una distinzione tra “diritto di cronaca” e “diritto di critica”: entrambi sono disciplinati dall’articolo 21 della Costituzione ma, mentre il primo si riferisce ad un’esposizione oggettiva dei fatti con lo scopo di informare il lettore (ed è, infatti, invocabile solo da chi esercita l’attività giornalistica), il diritto di critica consiste nella semplice espressione della propria opinione, soggettiva per definizione. E fin qui, il cantante sembrerebbe trovarsi nel giusto.

La questione è però cambiata con la pubblicazione e diffusione sui social della telefonata privata intercorsa coi vertici Rai.

Se è vero che registrare una conversazione telefonica è – con le dovute eccezioni – del tutto lecito, non si può dire lo stesso di quanto è avvenuto dopo. Lo conferma innanzitutto l’articolo 15 della nostra Costituzione, che sancisce «la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione». Ma non solo: a livello di legislazione ordinaria, l’articolo 617 septies del Codice Penale punisce con la reclusione fino a quattro anni chi «diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video […] di incontri privati o registrazioni». Ovviamente quanto detto subisce delle deroghe non indifferenti nel caso del trattamento dei dati per finalità giornalistiche, ed è proprio il principio che sta alla base della bipartizione dell’art. 21 della Costituzione di cui in apertura. Lo conferma anche il regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (meglio conosciuto anche come GDPR), il cui art. 85 elenca una serie di deroghe ed esenzioni previste dagli Stati membri ai fini del trattamento dei dati effettuato a scopi giornalistici.

E questo non è certamente il caso di Fedez.

Attività di informazione

Ma non può essere trascurato il fatto che, in qualità di influencer, si potrebbe ritenere che il rapper svolga attività di informazione al pari del giornalista. Si è infatti espresso in questi termini, a gennaio 2016, il Garante Privacy [doc. web n. 4747581], che ha incluso l’attività di blogger (la figura dell’influencer non è altro che un’evoluzione di quella del blogger) nell’ambito della fattispecie regolata dall’art. 136 del Codice Privacy, che estende le garanzie riguardanti l’attività giornalistica ad ogni altra attività di manifestazione del pensiero, anche se non effettuata da giornalisti professionisti o pubblicisti.

Un’attenuante per il comportamento tenuto da Fedez, che però non sembra scagionarlo totalmente.

Secondo l’ex Garante Privacy Antonello Soro si configurerebbe, infatti, una duplice violazione: all’illecita divulgazione del video della telefonata da parte del cantante si sommerebbe l’inattività delle piattaforme social, che hanno permesso che la conversazione che tutti conosciamo diventasse virale, ignorandone la provenienza illecita.

Come spesso accade, non è semplice operare un bilanciamento tra due diritti di pari grado.

Se è vero che il diritto di critica merita la giusta tutela, non si può trascurare lo speculare diritto alla riservatezza: un’accoppiata che, da sempre, fa discutere. Non resta che aspettare la prossima mossa della Rai che deciderà se far valere, o meno, i propri diritti nelle sedi che riterrà più opportune.

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