Il Netflix della cultura italiana: la prima settimana di ItsArt

“In queste settimane di lockdown si è capita fino in fondo la potenzialità enorme del web per la diffusione dei contenuti culturali”, dichiarava nell’aprile del 2020 il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, lanciando la sua idea che a breve è diventata nota come Netflix della cultura.

Dopo poco più di un anno, ItsArt debutta ufficialmente in rete con il suo catalogo di film, documentari, concerti, spettacoli e quant’altro. Questa è stata la sua prima settimana di vita. Il portale fortemente voluto da Franceschini presenta un menu tripartito: Palco (la musica, i concerti, la danza), Luoghi (musei, aree archeologiche e territori), Storie (film e documentari). Alla fine dei conti Il modello di business di ItsArt è decisamente lontano da quello della piattaforma a cui vorrebbe ispirarsi. Mentre somiglia, in modo quasi identico, al modello della piattaforma di cui è figlia: Chili, uno dei tanti siti di streaming on demand che esistono ma nessuno, o quasi, utilizza.

La somiglianza con Chili non è casuale: ItsArt è per metà di proprietà della Cassa depositi e prestiti e per la restante parte proprio della società dell’ex candidato (perdente) a sindaco di Milano e presidente della regione Lazio Stefano Parisi. Società che si è occupata in primis degli aspetti tecnici e che per questo ha ricevuto una parte consistente dei 30 milioni di euro (!) messi sul piatto dallo stato per dare vita a ciò che forse dovremmo soprannominare “la Chili della cultura italiana”.

L’obiettivo di ItsArt è senza dubbio raggiungere i grandi eventi capaci di attirare una fascia di pubblico più ampia. Lo dimostra il concerto di Claudio Baglioni dal Teatro dell’Opera di Roma (acquistabile a 12,90 euro) o quello di Emma dall’Arena di Verona, che invece è gratuito. Insomma, riserva senz’altro qualche sorpresa, ma nel complesso scovare contenuti che giustifichino la spesa richiesta non è una passeggiata.

E qui giunge il momento di affrontare l’elefante nella stanza: RaiPlay. Il portale monstre di mamma Rai, terribilmente sottovalutato e completamente gratuito (o meglio, pagato con il canone). Facciamo allora un giro su RaiPlay. Siete in vena di documentari letterari? Tra i tanti, ce n’è uno su Philip K. Dick. Avete più voglia d’arte? Ce ne sono su Botticelli, Degas e tantissimi altri. Storia del cinema? Ce n’è uno anche su Anna Magnani. Avete voglia di opera? Potete vedere, tra gli altri, La Traviata o Così fan tutte. Per quanto riguarda il teatro c’è Sei personaggi in cerca d’autore e se siete fan del balletto classico c’è Orfeo ed Euridice. Musica nazionalpopolare? Ironia della sorte, c’è un concertone di Claudio Baglioni. Non apriamo, per ovvie ragioni, il capitolo film; che qua non sono poche decine ma probabilmente migliaia e il paragone con ItsArt è impietoso.

In conclusione, sembra che il “Netflix della cultura italiana”, semplicemente, esistesse già. E allora ci chiediamo se non fosse più opportuno arricchire un prodotto già esistente e ottimo come ad esempio RayPlay. Anche perché ItsArt sembra invece porsi in diretta concorrenza con RaiPlay. Uscendone – almeno per il momento e al netto di qualche grande evento – con le ossa rotte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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