La grande fuga di cervelli dall’Italia. Il costo in termini di perdita di capitale umano

UN ESODO DA 16MLD DI EURO

– di Pierpaolo Ponzone –

L’ISTAT ci dice che tra il 2011 e il 2020 si sono trasferiti all’estero 239mila giovani, mentre quelli rientrati sono soltanto 82mila. Il costo in termini di perdita di capitale umano è tanto più alto quanto più è elevato il titolo di studio di chi espatria. E questo è un nodo altamente strategico per l’Italia.

Dei 239 mila ragazzi “persi”, 79 mila hanno la licenza media, 86 mila un diploma e 74 mila sono laureati. Numeri importanti, per converso speculari rispetto a quelli della riduzione del numero di italiani, se letti insieme a quelli della denatalità. Nel 2014 eravamo 60.795.612, nel 2021 il dato si è fermato a 59.030.133.

Con una Circolare del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la normativa di agevolazione persegue due obiettivi: porre rimedio al fenomeno della fuga dei cervelli e favorire lo sviluppo Tecnologico e Scientifico del Paese. Tale disciplina interessa tutti i residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali per le loro particolari conoscenze possono favorire lo sviluppo della ricerca e la diffusione del sapere in Italia, trasferendo da noi il knowhow acquisito attraverso l’attività svolta.

Fonte infografica: Wall Street Italia

Tra il 2020 e il 2022 hanno lasciato l’Italia circa 321 mila ragazzi tra i 25 e i 34 anni. Il 5,3% della popolazione. Nello stesso periodo sono tornati in Italia 82mila giovani, grazie anche agli incentivi fiscali approvati dai Governi succedutisi. L’abbattimento della tassazione per docenti e ricercatori è del 90% (durata sei anni per chi decide di risiedere nel Paese). In quasi dieci anni, il saldo migratorio di laureati italiani (differenza tra rimpatri ed espatri) segna un -388% (-489 per cento per i laureati più giovani). Un indicatore preoccupante riguarda i ricercatori che hanno abbandonato l’Italia, tra il 2002 e il 2016, circa 11.000 dato per il quale siamo in cima alla classifica della UE.

A questo punto il Governo attuale, e quelli futuri, dovranno necessariamente lavorare sui fattori che generano l’incredibile esodo dal Paese; non solo sulle remunerazioni e i benefici fiscali, ma soprattutto sulla riduzione sostanziale dei gap che invogliano questi italiani ad andare via.

Il tutto riferito all’instabilità dei posti di lavoro, alle minori possibilità di contratti indeterminati nelle varie posizioni di carriera e alle relative prospettive in termini di opportunità e di velocità per raggiungerle. Per venire fuori da questa anomalia di sistema (la fuga dei cervelli) dovremmo riformare il nostro Sistema Universitario e scolastico, efficientandolo rispetto ai cambiamenti e alle evoluzioni già introdotti nel resto della UE

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