— di Annachiara De Rubeis —
Ho in mente l’immagine di te, con i capelli mossi dal vento e il tuo senso artistico. Il senso artistico mi viene in mente quando sono ferma, quando mi sveglio, quando sono sul divano, quando sono bloccata in una città come Potenza per sei ore, tra una visita medica e un’altra (è successo martedì scorso).
“Bloccata” forse non è il termine più appropriato, perché in questo stare ferma fluiscono (e lascio andare) tutti i miei pensieri. Non ho mai capito il senso della frase: “siamo fatti di carne”. Ciò vuol dire che siamo umani? Che sbagliamo? Che cadiamo nelle tentazioni? Su di me non l’ho mai capita visto che ricerco la perfezione, una sorta di purezza incontaminata della mente e un’innata voglia di combattere per raggiungerla.
A volte mi sento dentro una tempesta di emozioni, ma in costante ricerca di calma. La frase che meglio mi descrive è: “siamo fatti di sesso”; cioè, magari sbaglio! Sono così concentrata sui miei obiettivi che non mi permetto margini di errore o “sfogo”, a parte la scrittura certo, che è l’unico modo che ho per vedere nero su bianco quello che la mia mente vede, e per dare libero sfogo alla mia fantasia, a quei pensieri incontaminati, che sono una libera associazione delle cose belle che vedo.
E ne vedo tante, è come se nutrissero la mia mente. Poi vengono a galla tante idee. Vorrei tenere un po’ “a bada” i miei pensieri proprio per questo. Perché è faticoso inseguire le idee. Ma devi sapere che non contano solo quelle, per quanto siano fondamentali. E allora devo scendere un po’, magari leggendo o studiando, per cercare di fare qualcosa che mi permetta di stare con i piedi per terra.
Eravamo seduti su una panchina nel parco. Non stavamo parlando molto, per lo più stavamo in silenzio.
“Stai dicendo che vorresti innamorarti?” chiese.
“Vorrei solo dare un volto ad un’idea” risposi io.
“Che significa?”
“Significa che l’amore viene dopo, a volte può finire, a volte può durare, a volte si trasforma.”
A volte mi sembra assurdo, ma sono così ossessionata dall’idea dell’amore che l’unico modo che ho per viverlo è scriverne e lasciarlo andare. Non è come raggiungerlo, ma è liberatorio. Tenerlo chiuso in me non mi fa vivere bene, è come sentirsi sottomessi ad una ossessione.
Mi sono accorta che sono sempre stata alla continua ricerca di situazioni stabili e a lungo termine, anche quando vivevo quelle relazioncine brevi. Cioè, ci stavo e dicevo, “un giorno sarò in qualcosa di grande”, lo sfidavo e poi facevo il conto alla rovescia perché, se il rapporto non fosse cresciuto, molto probabilmente sarebbe “morto”. Tutto ciò in funzione dell’idea che esista qualcosa che resiste al tempo. Una nevrosi autodistruggente. Ora ho capito che questo non è un assioma sostenibile.
Vuol dire che mi rimane una gran voglia di fare sesso, tenendo conto di tutti i condizionamenti possibili che ci potranno essere e cercando di non avere paura o non lasciarmi condizionare da nessuno di questi.
“Condizionamenti di che tipo?”
Condizionamenti nel senso…“Si ripeterà questa storia un’altra volta?”.
È assurdo come i miei genitori mi abbiano sempre detto di non pensarci, quando in realtà vivevo imbottigliata nell’amore. Anche quando le mie coinquiline hanno conosciuto mia madre, hanno capito subito che per la nostra famiglia era importante la cura dell’altro, questa sensibilità, questo tipo d’oro. Io sento infatti di essere cresciuta così. Credo poi di aver assimilato, e in parte creato un’equazione un po’ appariscente, ovvero il concetto che amore è il fare.
Pensa che allo stesso tempo alcuni mi hanno detto: “occhi sull’obiettivo, dedicati al tuo lavoro, perché l’amore arriva e se non arriva non fa niente”. Però questa frase non dovrebbe dirla chi ha perso l’amore di una vita, o ragazze con il cuore spezzato!
Vorreste dire che, se non l’aveste trovato, sareste stati bene lo stesso? Così? A quello stesso livello?
Ecco perché non ho mai creduto che l’amore fosse la ciliegina sulla torta. Perché per me è così naturalmente trasversale che pensare che sia una mera ciliegia sulla torta non mi soddisfa, ovviamente. E poi ammettiamolo, è già quasi tutto più bello quando si è innamorati. È anche più rischioso a mano a mano che si instaura la relazione. Certo non può diventare la priorità su cose che hanno già di per sé una priorità nella tua vita, come il lavoro e il tempo che dedichi a te stesso, alle tue attività o agli amici.
Il punto è che non basta avere la relazione di coppia affinché vada tutto bene.
Quello che vivevo da piccola era una bambina che vedeva l’amore da una vetrina, non mi apparteneva. Ne ero circondata davvero, ecco perché dico “imbottigliata”, ma in un qualche modo pensavo che per averlo mi sarei dovuta impegnare tanto, altrimenti non l’avrei meritato. Nonostante io avvertissi che nella mia famiglia gli si desse tanta importanza, allo stesso modo recepivo un pensiero opposto, cioè che “non importava”.
“Pensa a fare quello in cui sei brava, tutto il resto vien da sé”, non so quante volte l’ho sentito dire.
Io che dico a mia madre: “è finita con questo ragazzo” e lei che mi risponde: “Ai pesci!”. Come se la fila di ragazzi dopo di lui sarebbe stata meglio, il che è anche vero, ma non sempre. Come se ci fosse una certa persona ad un certo punto della fila ad aspettarmi. Ed io che in fondo pensavo: “Ma perché? Non mi sono impegnata abbastanza?”.
Non ero ossessionata perché non l’avevo, né perché pensavo troppo o ci tenevo troppo, ero ossessionata perché non ne parlavo affatto.
La domanda è: sarei cresciuta di più se l’avessi avuto? Cioè, avrei avuto una considerazione migliore di me se fossi stata in una relazione?