L’Ulisse di Joyce, pubblicato nel 1922, compie 100 anni: era la culla della pubblicità?

L’Ulisse di Joyce era la culla del linguaggio pubblicitario?

Tutta l’azione di Ulisse si svolge a Dublino più o meno nello spazio di un solo giorno (16 giugno 1904). I tre personaggi centrali: Stephen Dedalus (l’eroe di un precedente lavoro di Joyce); Leopold Bloom, un pubblicitario ebreo; e sua moglie, Molly, dovrebbero essere le controparti moderne rispettivamente di Telemaco, Ulisse e Penelope. In effetti gli eventi del romanzo sono vagamente paralleli alle principali fasi del viaggio di ritorno di Ulisse a Itaca.

La storia del mondo

Su mowmag.com Paolo Ferrucci titola: “James Joyce, l’uomo moderno che con l’Ulisse fece a pezzi il Novecento” e aggiunge “A 100 anni di distanza e a 140 dal giorno in cui nacque l’autore, quella scrittura appare ancora sconvolgente e una incredibile peregrinazione labirintica nella coscienza dell’uomo”.

In Ulisse, secondo l’interpretazione corrente, Joyce stava tentando di catturare la storia del mondo e della letteratura vista attraverso gli occhi dei suoi alter ego, Stephen Daedalus e Leopold Bloom. Stilisticamente denso e affascinante, L’Ulisse è generalmente considerato un capolavoro ed è stato oggetto di numerosi volumi di commenti e analisi.

Una nuova professione: il ruolo del pubblicitario nella Dublino di Joyce

La pubblicità è ovunque in Ulisse e l’argomento ha comprensibilmente ricevuto una notevole attenzione critica. Per Ezra Pound, che scriveva all’inizio degli anni ’20, la carriera pubblicitaria di Bloom faceva parte della “mordente satira” del romanzo, centrale nell’accusa di Joyce di “imbecillità universale” nella sua rappresentazione del “mondo sotto il giogo di un’usura smisurata”. In seguito, nell’atmosfera più leggera dell’America degli anni ’60, si potevano sentire voci più tolleranti.

Con l’industria pubblicitaria sempre più basata sulla professionalità, però già negli anni ’50 Alfred Paul Berger lodava Joyce “come critico, innovatore e profeta” del mondo della comunicazione, e alla fine degli anni ’80, mentre il rapporto tra letteratura modernista e “cultura popolare” continuava nella sua conflittualità, l’occhio di riguardo per Joyce lasciò il posto addirittura all’entusiasmo: Jennifer Wicke finì con l’affermare che la pubblicità era il vero soggetto dell’Ulisse e che il protagonista del romanzo era stato pensato “in missione a sostegno del nuovo linguaggio della pubblicità”.

James Joyce Quarterly

La tesi della Wicke ha portato molti estimatori della creatività a voler approfondire l’argomento. In particolare a New York, dove il numero speciale del “James Joyce Quarterly” del 1993 titolava proprio “Joyce and Advertising“. Curato da Jennifer Wicke e Garry Leonard, introduceva una nuova sofisticata teoria, allontanandosi ancora di più dal vecchio presupposto che la rappresentazione dei personaggi di Joyce fosse qualcosa contro il sistema, oppositivo, contestatario. Il contributo della Wicke è emblematico: afferma che l’Ulisse si impegna “sì nei confronti di qualsiasi cultura di massa, ma in realtà con questa specifica cultura di massa della città di Dublino” e ne sottolinea l’unicità “in Irlanda, colonia della Gran Bretagna, nel 1904”.

L’Ulisse di Joyce. La collocazione storica

Studi successivi hanno ampliato questa posizione concettuale, ma hanno continuato a trascurare l’importanza della collocazione storica del romanzo. Per essere chiari, il problema non è che questi studi fossero sovra-teorizzati o sotto-storicizzati. Il problema è che hanno introdotto e radicato affermazioni storiche non verificate, in particolare sul rapporto tra l’industria pubblicitaria di Dublino e la posizione coloniale inglese.
Anche se l’Ulisse resta di fatto la rappresentazione della storia generale del consumismo anglo-americano del ventesimo secolo.

Nessuna nuova ricerca significativa è apparsa sull’argomento nel ventunesimo secolo, giustificando apparentemente il recensore del 1998 che si riferiva allo speciale “Joyce and Advertising” come “la fonte che la maggior parte di noi considererebbe come l’ultima parola sull’argomento”. Per molti invece il ruolo professionale di Bloom è stato frainteso, dalla sua specifica qualifica di pubblicitario, alle sue reali mansioni e responsabilità sul lavoro. E seriamente frainteso è stato anche il peso che Joyce voleva attribuire al protagonista all’interno dell’industria pubblicitaria immaginaria di Dublino.

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