Microaggressioni: che cosa sono e come difendersi online e nella realtà
Paolo Brambilla
di — Annachiara De Rubeis —
Ho subìto, non solo qualche giorno fa, ma anche mesi fa, delle microaggressioni via chat. Questo capita non tra estranei, quindi non solo come nei casi delle celebrità, tra la celebrità di turno che riceve dei commenti e gli hater, ma può capitare anche tra persone “normali”, con cui ci rapportiamo nella quotidianità e che possono essere anche a noi molto vicine, quindi possono essere anche in casa nostra tra familiari, parenti e coinquilini (come nel mio caso) e nei posti di lavoro. Allora mi sono chiesta: “Caspita, però! È una botta pesante da gestire… Come si fa?” ecco qui un articolo che tratta la questione delle microaggressioni, a cui, secondo me, siamo soggetti più di quanto immaginiamo nel confrontarci sia di persona, sia tramite chat, con persone della nostra stessa età e con persone più grandi.
Le microaggressioni
Le microaggressioni sono espressioni verbali, atteggiamenti e comportamenti, intenzionali o non intenzionali, che comunicano messaggi ostili dispregiativi, negativi, offese e insulti. Quante volte ci capita di sentire una frase, un commento o di vedere un’occhiata che, pur non essendo esplicitamente offensiva, lascia un segno nel profondo? Le microaggressioni sono esattamente questo: piccoli gesti o parole, che anche se non sembrano intenzionali, riescono a ferire o minare il benessere mentale. Spesso accadono colpendo caratteristiche individuali, un gruppo sociale, ma anche l’orientamento sessuale, il genere, l’etnia di una persona. Per non parlare dei casi in cui vengono fatte microaggressioni anche alle persone di etnie diverse o mettendo in evidenza il razzismo che una persona può avere e buttare contro un’altra persona.
I casi in cui si verificano possono essere:
-quando si è interrotti nel mezzo di un discorso;
-fare una battuta sarcastica che per qualche motivo tocca una nostra debolezza;
-persone che si guardano in due quando si è in tre in una stanza, senza una consapevolezza o un’intenzione apertamente ostile.
A me, per esempio, la cosa che ha colpito tanto è quando una volta è stato detto: “Ecco, ne hai fatto un’altra delle tue…”, successivamente colpendo la mia professione, evidenziando una sorta di mia vulnerabilità come incompetenza e attaccando quella parte. Ed io ho detto: “Ma perché metterla su questo piano?”. Non è stato chiaramente detto: “Sei questo e questo…”, ma “c’è qualcosa di intimo in te che non va ed io colpisco quella parte”.
La seconda cosa che mi ha messo ancora più a disagio è stato il fatto di dover rispondere. Perché penso:
“1- c’è bisogno di difendersi? Ti rendi conto che hai sbagliato nel dire questa cosa? Ha dei valori completamente assenti, anzi, non riconoscere il sistema di valori che ha prodotto la microaggressione è alla base del tentativo di giustificarsi da parte dell’aggressore.
2-che faccio? Mi abbasso al tuo livello e continuiamo il litigio o sto zitta e ricevo passivamente i colpi?
3-trovo una via razionale? Cioè, come la gestisco questa cosa?”
Non riconoscere il sistema di valori che ha prodotto la microaggressione è alla base
E poi, la terza cosa che mi ha causato problemi è stato: il futuro. Cioè, io le volte dopo, i giorni dopo, essendo stata traumatizzata da questo atteggiamento che ho subito, ho dovuto veramente faticare per rimettere ordine nella mia testa e riconcentrarmi, perché ero praticamente stressata e messa sotto ansia dall’episodio, e anche ri-rapportarmi con quelle persone, perché non è stato facile, ecco.
Una volta ho ricevuto anche microaggressioni per il semplice fatto di essere donna: “Ti piacciono i saggi? Di solito le donne non leggono i saggi”, oppure “ho detto a (*figura di riferimento a te superiore nel lavoro*) che sei brav-ina”, o anche “perché dai gli esami ogni due settimane?”.
Tutto questo lascia un trauma che spetta alla persona vittima dell’offesa, risolvere.
Rispondere con calma ma fermezza
Una delle tecniche più efficaci è rispondere con una domanda che spinga l’altra persona a riflettere. Ad esempio, se ti viene chiesto: “Perché non hai ancora figli?” rispondere con “Perché ti interessa saperlo?” sposta il peso della conversazione, inducendo l’altra persona a riflettere sull’inadeguatezza della domanda. Questo approccio può disinnescare la microaggressione senza generare conflitti.
In realtà non basta che la persona che ha causato l’insulto si scusi, perchè anche se la persona offesa la dovesse perdonare, il segno rimane. E molto spesso le scuse del tipo: “Non me ne sono reso/a conto” (come di solito è) tenderanno a banalizzare il problema o a giustificarsi più che scusarsi veramente e dall’altro lato invece la persona che è stata offesa e che vuole chiedere aiuto dovrà fare riferimento ad una terza persona che dovrà anch’essa stare attenta al modo in cui accoglierà la richiesta che la vittima ha espresso. La vittima non dovrà dubitare della propria percezione, dicendo ad esempio: “Forse ho frainteso?”. Poi:
NO alle microinvalidazioni: “Non penso che il mondo sia davvero così giudicante”, perché sminuisce il vissuto altrui e minimizza le difficoltà concrete che molte persone affrontano. Oppure, “ma non prenderla troppo sul personale!”, “ma ti pare che proprio loro abbiano fatto questa osservazione?”.
Allora bisogna, secondo me, stare attenti. Partendo dal presupposto che si sbaglia continuamente quando si parla, bisogna innanzitutto riconoscerle. Ripeto: a me non è successo solo da persone che ritenevo a me amiche, ma anche ad eventi di lavoro. In questo caso è compito dell’azienda assicurarsi tramite le risorse umane una fitta vigilanza su comportamenti di questo tipo ed organizzare incontri per riconoscerli e prevenirli. Lascio di seguito il link di un video di Nespresso che ha spiegato molto bene come un’azienda può gestire le situazioni di microaggressione.
Saper rispondere a qualcuno che fa una domanda inopportuna o un’osservazione svilente, è necessario, perché capita più spesso di quanto pensiamo.
Siete pronti a chiedere scusa?
https://www.youtube.com/watch?v=5trBIkqWlx8&t=4s
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