Passare le vacanze lontano dal nostro problematico Paese? Bella esperienza, sotto molti aspetti

— di Marco Giovanniello —

Premetto che il pezzo è “estivo” e chiedo anticipatamente venia per l’inevitabile superficialità, tuttavia il tema è serio. Come molti Italiani ho scelto di passare le vacanze lontano dal nostro problematico Paese e parte dell’esperienza è osservare le differenze con altri Paesi più o meno ricchi, ma meno problematici o, come dicono gli anglosassoni, meno o per niente “disfunctional”. Se anni fa tornavo a casa pieno di ammirazione per i prati curati e le civili code della verde Inghilterra, sempre più spesso ora noto che le nostre particolarità negative ci distinguono non solo da un ristretto numero di Paesi, quelli che chiamavamo “Europa” ai tempi dell’ingresso nell’euro, ma dalla maggioranza dei Paesi “normali”.

La prima cosa da notare è che, anche questa volta, ho trovato qualcuno che si è mostrato stupito perché parlo inglese. Succede sempre, dalla Birmania all’Australia alla Namibia, i turisti italiani che sfuggono ai viaggi organizzati evidentemente se la cavano peggio in inglese della maggioranza degli altri. Credo che uno sforzo maggiore nella pratica di altre lingue, in primis l’inglese, da parte della popolazione e di chi lavora nei media, potrebbe portarci ad aprire più frequentemente pagine straniere e accorgerci che, mentre noi discutiamo inutilmente di politica locale, il mondo si muove e al passo di corsa.

A chi ha letto qualche volta quello che scrivo in tema di aviazione dico che da noi stiamo perdendo definitivamente una battaglia di retroguardia, perché invece di adattarci ai cambiamenti dell’aviazione mondiale, in cui gli anglosassoni hanno rivoluzionato quasi tutto, al comando di linee aeree dei loro Paesi, ma anche di quelle del Golfo, di Hong Kong eccetera, continuiamo ostinatamente a perpetuare il vecchio. In aviazione, come in tanti settori aperti alla concorrenza straniera, chi non si adatta scompare.

L’Italia non uscirà da nessuna crisi se tutti gli Italiani non capiranno che è definitivamente tramontata l’era in cui il deficit pubblico poteva toccare il 12% del PIL come ai tempi di Craxi, ma anche l’era in cui si ignora il Codice della Strada, in cui chi guadagna può evadere le tasse, chi lavora può pretendere diritti senza doveri, in cui a scuola si va a lezione d’inglese senza bisogno però di impararlo, tanto la promozione è assicurata, in cui un politico condannato per aver rubato soldi al Fisco e ai suoi azionisti di minoranza può pretendere che la condanna sia irrilevante, anziché nascondersi per la vergogna. Il nostro problema è un lassismo esagerato, unito ad una provinciale superbia che ci impedisce di riconoscere quanto siamo inferiori in mille campi. Siamo moto fortunati, l’Italia è un Paese molto bello e tanti stranieri vengono a visitarlo, è bene che tanti di noi ricambino il favore e cerchino di capire, conoscendo altri Paesi, che la nostra tolleranza per le cose fatte all’italiana, lo sconto a chi non rispetta le regole, il cancro di organizzazioni criminali che controllano il territorio come non accade in nessun Paese europeo, sono malattie mortali che ci uccidono. Troppo comodo addossare tutte le colpe alla “casta”, sprovincializziamoci e diamoci come obiettivo l’adeguamento ai migliori livelli altrui, la “best practice”. Non rimane molto tempo.

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