Prigione d’amore

— di Annachiara De Rubeis

Sono capitata nel pensiero di te assolutamente inciampando. Mi ha colto di sorpresa. Non sono parole dolci quelle che probabilmente vorresti sentire da me. Sono passati tanti anni da quando non ci parliamo, ma la vita (a volte) ti mette davanti sfide inimmaginabili; questa è la mia e lei mi ha detto di fermarmi. Probabilmente sarai anche un po’ sorpreso da questa lettera, ma sono così, lo sai. Faccio anche introspezione psicologica, non sono una donna risolta, ho 21 anni e sto pian piano raggiungendo i miei obiettivi. Mi sono accorta che c’è ancora qualcosa che mi lega a te. Non posso pretendere che tu parli, però posso dirti cosa provo io. Quando vedo un film romantico penso a te. Quando vedo due che si amano, penso a noi. Penso alla parte bella che abbiamo conservato, che ho conservato. Penso a infiniti finali. Anzi, solo ad uno, quello bello, in cui un giorno torniamo a parlarci. Questa primavera ero pronta, mi volevo liberare del ricordo di te, in me, cioè, volevo re-innamorarmi. Mi sono impegnata e ho conosciuto un ragazzo, del quale il fato ha voluto che mi innamorassi. Il destino invece ha voluto che i miei sentimenti non fossero ricambiati dal ragazzo stesso. Cosa ci posso fare? Non posso prevedere le emozioni degli altri. Ci siamo lasciati dopo un mese e ho sofferto molto, di nuovo. Conoscevo quel dolore, del tutto fuori misura per una conoscenza così recente, per un innamoramento così labile. Non apparteneva a lui quel dolore. Allora, dopo aver parlato e dopo aver entrambi capito che non c’era storia, sapevo da dove dovevo ripartire. Da quella ferita; la mia ferita ancora aperta. Forse non avremo un futuro da condividere, ma una ferita sì.

Vorrei chiarire: io vedo dal tuo sguardo quando non mi guardi. Troppo celebrale? Forse sì, ma ciò non vuol dire che io debba schivare questi pensieri come se fossero colpi. Posso anche osservarli dall’alto ma non negarli o ignorarli. Ti racconto una storia; estate 2023, Ibiza, tra migliaia di ragazzi mi sono imbattuta nella tua “fotocopia irlandese” e indovina come è finita? Con lui che mi chiede “diventiamo amici” e io che replico “mi dispiace, non posso”. Gli giro le spalle e vado verso delle amiche con le quali non c’erano poi grandi affinità elettive. E ancora un errore, non nuovo. Scartare qualcosa di meraviglioso, per qualcosa di più sicuro. Sono tornata a casa trascorrendo un mesetto a riflettere, senza parlare con nessuno. Mi sembrava folle la circostanza per la quale io e quel ragazzo sembravamo conoscerci da sempre e che io l’abbia lasciato andare così. Non me ne sto facendo una colpa, avevo delle ragioni. Indovina quali? Ho avuto paura. Ora che ti sto scrivendo, e anche prima quando pensavo a te mentre sistemavo un articolo, bruciavo. Brucio ancora pensandoti. C’è una parte di me che non vede ancora l’ora di vederti; nonostante il male che mi hai fatto.

Potresti dire che la vita a volte ti fa capitare nel posto giusto, al momento giusto, ed è la vita che “fa”; potresti avere ragione. E comunque non è consequenziale che ciò che io provo non abbia un valore o un senso, o che la tua scelta di mollare sia stata quella giusta. Sto comprendendo “sul campo” che non si può vivere solo per lavorare. L’ho capito ad un evento qualche giorno fa.

Ho bisogno di essere amata, non so ancora da chi, ma so da quale tipo di uomo; quello che infonde tranquillità. Tu mi hai dato tranquillità per la prima volta e, dopo di te, solo un altro ragazzo.

Ora ti chiedo, per quella ferita, per tutto ciò che non ci rende estranei, di esserci per attenuare e superare questo dolore. Aiutami. Se vuoi te ne potrai andare per sempre, se vuoi farmi del male fallo, raccoglierò i pezzi.

Io mi sono già perdonata, non è facile, spero che l’abbia fatto anche tu. Se non ti piace ciò che sin qui hai ascoltato o se non condividi, dimmelo. Lo sai, sono un po’ poetica. Ora ti parlo da estranea: non sono probabilmente la ragazza che vorresti, ma negli ultimi tempi hai cambiato un po’ i tuoi gusti? Spero di sì.

Se passi per Milano vienimi a trovare. Ti sto porgendo le forbici per tagliare quell’ultimo filo. Te lo chiedo da estranea, un’altra volta ancora: “ti va se diventiamo amici?”

 

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