Storie d’estate: rincontro con Carmen

— di Annachiara De Rubeis

Ho appeso una foto di me e della mia migliore amica d’infanzia dopo tre anni (ma anche di più) che non ci parlavamo. Questo non per un litigio, ma semplicemente perché ci siamo perse di vista: abbiamo fatto le nostre vite. È stato bello vedere come il tempo avesse fatto il suo corso, senza aver cambiato effettivamente nulla di quello che eravamo dentro, di quello che ci accomunava. In realtà, io e Carmen avevamo due finestre comunicanti sul cuore. Sapevamo come parlarci e sin da piccole avevamo in comune quell’ambizione di sapere esattamente cosa avremmo fatto da grandi e la determinazione che in un modo o nell’altro ce l’avremmo fatta. Anzi, lei è stata più brava di me in questo, ha avuto una costanza straordinaria nel crederci, io a volte ho tintinnato. Quando ci siamo viste, eravamo sedute a prendere qualcosa da bere nel bar vicino la piazzetta, davanti il campanile della chiesa, la chiesa, il parco con le giostre. Alle elementari eravamo le ultime a lasciare la piazzetta di domenica, alle 13:00 minimo, gli altri bambini se ne erano già andati e noi stavamo lì dall’alto dell’altalena a ridere di tutto: i cartoni, la Terra che girasse, i nostri papà che continuavano a parlare e di quello che a 16 anni avremmo studiato al liceo classico, cioè “le cose che erano in quanto erano”.

“Finalmente delle persone brave ed umili!” ha detto mio padre, riferendosi alla famiglia di Carmen, dopo aver saputo che l’avrei rivista.

Lei vorrebbe quasi sempre tornare al passato (ad eccezione delle medie ovviamente), io quasi mai, perché anche se sono stata felice, tendo a vedere il futuro come una sfida e il passato come una prova superata felicemente. Ma con lei, mi ci tufferei a capofitto nel passato. Ricordo che una volta d’estate per due settimane sono andata a giocare a casa sua ed era come stare a casa mia, solo con più barbie e più storie divertenti da creare. Le chiacchiere tra amici non sai mai dove ti porteranno e non le puoi prevedere. I ricordi del liceo ora fanno molto più ridere. “Ricordi quando la prof di inglese ha chiesto la mia opinione riguardo a quell’argomento, gliel’ho detta e mi ha risposto che non andava bene? Cioè, c’era una risposta giusta anche in quello!”. Dopo qualche risata, momenti del passato e accenni al futuro, l’ha detto:

“Non ci sono riusciti”.

“A fare cosa?” ho chiesto io.

“A cambiarci del tutto”.

L’ha detto dopo un episodio in particolare in cui io ho lasciato trapelare un dettaglio di me importantissimo: ho fatto una foto da Instagram e l’ho salvata. Se mi trovo ad eventi o in giro, posto subito; se sto parlando, invece, con una persona raramente rovino la magia.

“Non sei cambiata vedo!” mi ha detto sorpresa.

Allora a quelle affermazioni ho collegato il tutto. Tu ci metti ancora tre ore prima di fare una storia, io sono incapace di incazzarmi e lui (un nostro compagno di classe) rimanda ancora gli esami più difficili all’ultimo.

Mi ha colto proprio su quel mio piccolo difetto in cui in realtà è racchiusa tutta la mia essenza: la riflessione. Ero imbarazzatissima, perché senza la riflessione non potrei fare quello che faccio, cioè scrivere. Ma Carmen è una grande lettrice e sa che scrittura non è sempre sinonimo di “starci degli anni”, quindi mi ha sorriso come per dire: “sisi tanto non me la bevo”. Mi lascia vincere anche quando perdo. Alle medie ha fatto copiare non so quanti ragazzi, perché era generosa, e alle superiori sicuramente anche me.

L’ho rivista con dei nuovi occhiali da sole Ray-Ban, stile indie, un vestito rosso a fiori, e un rossetto “Gucci floreal” che portava nella borsetta, molto da Carmen, ho pensato. S’innamora ancora dei musicisti, ma stavolta vorrebbe che non fosse così. Mi ha accennato di un ragazzo, ma credo che lui non abbia trovato interessanti i pomeriggi di simpatia, fiori e violini. Poi mi ha raccontato di qualche aneddoto durante i suoi concerti in conservatorio.

Il suo mondo interiore non è cambiato, ho pensato, anzi lo ha rinforzatoChissà cosa pensa lei del mio, invece. Ha una memoria enorme, migliore della mia.

“Ti ho pensato lo scorso sabato mentre aprivo il finestrino della macchina andando al mare…me l’hai insegnato tu quella volta che siamo andate al mare con la tua famiglia”. “Quella volta che poi ha piovuto? È stato un disastro, Annachiara! Quel pomeriggio ha grandinato, le strade erano bloccate ed è caduto il ponte a Genova!”. Dimostrazione della sua memoria.

“Qui non è rimasto granchè…” mi ha detto, “ora è toccato anche a me venire a Milano per suonare al conservatorio”. Penso a questo pomeriggio, in cui mentre sto scrivendo lei sta suonando.

“Guardaci, alla fine facciamo quello che vogliamo fare, da quando eravamo piccole”.

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