Una rivalità epica. Bernini e Borromini.

Una rivalità epica del Barocco

-di Luisa Melzi d’Eril-

La rivalità tra i due titani che hanno plasmato Roma nel XVII secolo, ha scatenato scintille, ma dalle scintille è nato un incendio: il Barocco.

Gli inizi

Due rivali del Barocco

Fin da bambino, Gian Lorenzo Bernini fu avviato alla scultura nella bottega del padre. Ci si accorse da subito che il ragazzo era dotato di un talento eccezionale. Ben presto il suo nome risuonò alla corte del Papa. Le capacità di Bernini spaziavano in ogni aspetto della vita romana, dalle sculture alla progettazione di piazze e fontane. La sua era un’arte fatta di opulenza, teatralità, dinamismo. La vita pulsava nella pietra scalfita dal suo scalpello. Era esattamente ciò di cui la Chiesa aveva bisogno: marmi e oro per coprire la polvere secolare messa in luce dalla riforma luterana.

Francesco Borromini proveniva dal Nord Italia, di origini modeste, figlio di un architetto del Canton Ticino. Per lui, solo il talento contava, era un self-made man; le raccomandazioni non valevano. Uomo profondamente spirituale, volle mettere la sua arte al servizio della Fede. Un’arte fatta di slanci, curve ed ellissi; spettacolare e luminosa anche se realizzata con materiali umili.

Erano i due migliori architetti di Roma, tutti lo sapevano e il lavoro non mancava. Un incarico importante avrebbe fatto incrociare le loro strade.

Il Baldacchino di San Pietro

Oggi pochi sanno che il Baldacchino di San Pietro, quello sotto la cupola di Michelangelo, fu progettato da Bernini, e in meno ancora sanno che a collaborare fu Borromini. Nel 1623, Papa Urbano VIII chiamò entrambi gli artisti a lavorare per il suo progetto, con la supervisione di Carlo Maderno, maestro di Borromini. Poco dopo, tuttavia, Maderno morì e Bernini venne nominato suo successore contrariamente alle aspettative. Nonostante ciò, Francesco continuò a collaborare e diede un significativo contributo alla progettazione. A opera terminata, il Papa conferì tutti i meriti a Gian Lorenzo, pagandolo una cifra molto maggiore rispetto a quella di Borromini. Avvenne la prima frattura.

Due carriere divergenti

Borromini iniziò a percepire sempre più il peso della personalità di Bernini, capace di oscurarlo in ogni occasione, grazie alle sue conoscenze mondane e alle preferenze del Papa. La situazione sembrò ribaltarsi sotto il nuovo pontefice, Innocenzo X, acerrimo nemico di Urbano VIII, che relegò Gian Lorenzo in secondo piano e favorì Francesco. Fu una soddisfazione di breve durata; Bernini, con i suoi agganci rientrò in pista rapidamente, e più forte di prima. I suoi progetti mirabolanti riuscirono a farlo rientrare nelle grazie del pontefice scalzando Borromini.

La scintilla si spegne

Nel 1667, Borromini, depresso e infelice, forse stanco di vivere all’ombra di un gigante, si tolse la vita e con lui morì la rivalità che aveva alimentato il fuoco di un’epoca. Architetto dotato di straordinario talento, non fu debitamente apprezzato dai suoi contemporanei per la visione di un’arte semplice e armoniosa, che non riusciva a sposarsi con le richieste di una Chiesa invincibile e sfarzosa.

Poco dopo, anche per Bernini cominciò la discesa. Recatosi a Parigi su richiesta di Luigi XIV, non ottenne alcun successo e il suo progetto fu scartato. Forse senza il rivale di una vita, non ebbe più stimoli per esprimere la genialità che gli aveva portato grandi onori in passato.

 

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