Marco Bacini: fare impresa è adattarsi ai cambiamenti

Paolo Brambilla intervista Marco Bacini, Chief Executive Officer – MB Group of Companies – e docente LUM Libera Università Mediterranea

Pochi giorni fa Marco Bacini in un esaustivo articolo pubblicato a sua firma su www.economia.news esordiva dicendo “Ci troviamo in un momento storico molto complesso, dove oltre ad una crisi morale siamo stati catapultati senza preavviso nella più grande crisi economica mondiale dal secondo dopoguerra. E questo evidentemente con delle grosse conseguenze e delle grosse responsabilità: non possiamo permetterci di essere indifferenti e di lasciare andare a rotoli il nostro Paese”. E con un’espressione fortemente icastica, in grado di suscitare una notevole efficacia rappresentativa citava le parole di “Inferno”, uno degli ultimi romanzi di Dan Brown: “I posti più caldi dell’Inferno sono riservati a coloro che nei momenti di grande crisi morale mantengono la loro neutralità.”

Intervista a Marco Bacini

Caro Marco, come mai hai pensato a questo parallelo fra l’Inferno di Dante e la situazione economica attuale?

“Proprio come nella Commedia di Dante, anche qui sono proprio gli ignavi, gli indifferenti, quelli senza la volontà di voler cambiare le cose, a permettere al mondo di andare a rotoli. Tante le responsabilità soprattutto di una classe politica che si è fatta trovare impreparata e che a distanza di un anno ancora fatica a raddrizzare il timone, nonostante il supporto di tanti comitati e addirittura di un nuovo Presidente del Consiglio arrivato con grandissime aspettative non solo degli Italiani ma anche dell’Europa e del mondo intero che ci stava osservando”.

Però la situazione è critica un po’ dappertutto, non solo in Italia

“Non si può non rendersi conto che il problema va ben oltre i confini italiani e ha messo in ginocchio quasi tutto il mondo, quello che però è evidente è che il nostro Paese per problemi pregressi accumulati da anni di mal governi e mala gestione non è riuscito a sostenere come era giusto che fosse una serie di categorie professionali quali gli autonomi, i professionisti e le PMI. È già passato un anno dall’avvento della pandemia e moltissime attività produttive non ce l’hanno fatta a resistere mentre altre risentono in maniera pesantissima dell’impatto su tutto il sistema economico”.

Il governo Draghi non può rivelarsi proprio la svolta necessaria?

“E’ evidente che partendo da una situazione come questa ci si aspettava un “vero” cambio di passo dal nuovo Governo di unità nazionale e soprattutto una “vera” boccata di ossigeno dal nuovo decreto sostegni che invece continua ad essere seppur importante ancora inadeguato. Diverse sono le nuove misure a sostegno dell’economia in crisi per autonomi, professionisti e piccole e medie imprese”.

Quali sono le più significative dal tuo punto di vista?

“Partiamo dal condono di cartelle esattoriali con la cancellazione automatica delle cartelle fiscali emessa tra il 2000 e il 2010. Se ne parlava da tempo e sicuramente mai come in questo periodo servirà per dare una boccata di ossigeno ai contribuenti, la cui capacità economica è stata duramente messa alla prova dall’emergenza sanitaria e dalla conseguente crisi economica.

Si parla di indennizzi a fondo perduto dedicati a chi, tra il 2019 e il 2020, ha subito una perdita nel volume degli introiti. I risarcimenti saranno calcolati su percentuali, ma facendo analisi statistiche si tratterebbe di cifre irrisorie per la maggior parte delle imprese che non basterebbero in valore assoluto a coprire nemmeno i costi delle utenze per l’anno appena trascorso.

Circa 600 milioni sono stati messi sul piatto della bilancia per il cosiddetto “Fondo Montagna”, dedicato alla filiera degli impianti sciistici duramente colpiti con una stagione completamente saltata, anche se a pochi chilometri di distanza, varcando il confine e recandosi in Svizzera si è sciato per tutta la stagione. Altri fondi sono stati stanziati per rafforzare i sostegni previsti per i liberi professionisti e per i lavoratori autonomi. Nel decreto legge è stata inserita anche la proroga del blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno per la Cig ordinaria. Ed è previsto anche uno stanziamento di 400 milioni di euro dedicati al fondo per l’occupazione”.

Ti sembra un buon inizio o si può pensare a qualcosa di più?

“E’ evidente che la prima cosa che logicamente viene da fare è quella di guardare a come hanno reagito e che cosa stiano facendo gli altri Stati Europei: Francia, Germania e Inghilterra hanno ritenuto necessario prevedere contributi a fondo perduto a favore di imprese e lavoratori autonomi. Questo per esempio ci dà l’idea che il rinvio o la cancellazione di imposte dovute siano state considerate misure insufficienti.

Tutti i Paesi hanno fissato dei limiti massimi di contributi ottenibili dalla singola azienda, in particolare in Francia i ristori vengono fatti sulla base della perdita di fatturato del mese in cui viene chiesto il contributo rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, segno che l’amministrazione riesce a reagire con maggiore flessibilità operativa della nostra.

Il problema della rapidità delle procedure sembra aver inspirato il governo britannico, il quale indennizza le imprese inglesi in funzione dell’affitto figurativo delle proprietà in cui è insediata l’azienda, oltre che della gravità delle restrizioni.

Il ricorso a codici di settore (in Italia i codici ATECO) lo si ritrova solo in Francia con riferimento alle imprese maggiori. Negli altri casi, il ristoro è stato universale, un sistema più costoso del nostro, ma che minimizza il rischio di non ristorare imprese colpite dalle conseguenze economiche della pandemia.

In Germania, si sono commisurati i ristori ai costi fissi sostenuti dalle aziende, così che si ristorano i costi effettivamente sostenuti nei periodi di chiusura. Inoltre sempre per i mesi da gennaio a giugno 2021 viene prevista la copertura parziale di alcune categorie di costi fissi, fino ad un massimo di 200.000 euro, per tutte le imprese che presentino una delle seguenti due condizioni: una riduzione del fatturato mensile di almeno il 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; oppure una riduzione di almeno il 30% del fatturato nel periodo aprile-dicembre 2020 o del 50% in almeno due mesi consecutivi sempre nel periodo aprile-dicembre 2020, rispetto agli stessi periodi del 2019”.

Vediamo più in dettaglio cha cosa fare in Italia?

“Tornando alla situazione italiana è altresì vero che i soldi non ci sono e in ogni caso difficile farli bastare per tutto, ma sappiamo bene anche come spesso siano stati spesi malamente e come anche oggi leggendo il decreto alcuni importi vengano allocati per spese che oggettivamente non hanno alcun senso, a titolo esemplificativo sono stati prorogati i contratti dei navigator fino alla fine dell’anno che abbiamo già potuto constatare come non abbiamo creato nessun valore aggiunto.

Oggi la ripartenza dell’Italia deve ripartire dalla ripartenza della PMI, vero motore produttivo della nostra società, e dalle aziende eccellenze del territorio.

Per farlo è necessario velocizzare la campagna vaccinale (in Inghilterra in pochissimo tempo ha fatto crollare il tasso di mortalità da Covid in maniera verticale), e velocizzare conseguentemente le riaperture (chiaramente sempre nella massima sicurezza)”.

Che cosa ritieni opportuno fare, per affrontare la questione sanitaria?

“Se lo Stato non è in grado di “sostenere” le imprese come dovrebbe, è necessario che almeno garantisca le condizioni per far sì che le imprese possano sostenersi autonomamente. E questo può essere fatto solamente con la prevenzione, con una implementazione del sistema sanitario e se necessario con delle strategie vaccinali anche in autonomia rispetto all’Unione Europea che purtroppo ha dimostrato

lentezza, e anche incapacità nella gestione dei contratti con le grandi multinazionali del farmaco. Io sono fiducioso e anche se la luce in fondo al tunnel ancora non si vede con chiarezza, ci sono i presupposti per poter ripartire nel breve periodo.

Anche a livello psicologico sarà importante per il governo non continuare con imposizioni lontane dalla logica e dal buonsenso solo per mascherare ritardi ed inefficienze proprie, perché gli italiani iniziano a mal sopportare alcune coercizioni che alla luce di un anno di pandemia sono oggi assolutamente senza significato”.

Come desideri concludere questa intervista?

“E’ indiscutibile che tutte le aziende e i professionisti dovranno giocoforza adattarsi a nuove modalità di lavoro, perché in ogni caso la pandemia ha dato un boost enorme al superamento di un modello, di un paradigma che non tornerà, e sarà quindi necessario riuscire ad intercettare nuove tendenze e nuove opportunità che storicamente si presentano sempre alla fine di ogni ciclo di crisi. La storia è fatta di corsi e di ricorsi, oggi dobbiamo resistere, e lo dico da imprenditore, la capacità di fare impresa è anche quella di riuscire ad adattarsi ai cambiamenti esterni e noi italiani in questo siamo imbattibili”.

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