Prendi una band italiana di vent’anni e trasformali in icone Glam Rock, magari in mondovisione. Non ci avrebbe scommesso nessuno, tanto meno i loro professori del liceo: “vai pure ad X-Factor, tanto è uno su un miliardo”. Invece eccoli qui, giovani e talentuosi, a dimostrare al mondo intero che si può fare. Quella dei Maneskin è una storia tutta italiana, ma dal sapore internazionale che finalmente ci offre una visione su un futuro che fino ad oggi abbiamo faticato ad accettare.
Da Via del Corso all’Eurovision, non basta un aereo da Roma Fiumicino
Damiano, Victoria, Ethan e Thomas: quattro ragazzi che cinque anni fa cantavano in acustico nel pieno centro di Roma, ancora sconosciuti al grande pubblico. Una scalata verso il successo significativa e fatta di tenacia, determinazione e talento. Perché se ad oggi ci appaiono come delle star Glam Rock, in realtà la strada è stata molto più lunga. La tappa negli studi di X-Factor li ha fatti conoscere al grande pubblico, con la benedizione di un gigante della musica italiana come Manuel Agnelli. E mentre apparivano ancora come una meteora, sono tornati a voce grossa e forse anche più matura sul palco dell’Ariston, senza pubblico e contro tutti i pronostici del caso. Sembrava già una storia a lieto fine con la vittoria a Sanremo, ma quando hai la fame di vittoria e la pura arroganza di chi è consapevole di essere al posto giusto e al momento giusto, può accadere davvero qualsiasi cosa e l’impossibile è diventato possibile: il cielo è azzurro sopra Rotterdam. Non sono mancati i complimenti di chi il rock lo mastica da tempo, gente come Vasco Rossi o Franz Ferdinand. Al tempo stesso non sono mancate neppure accuse e indignazione da chi forse è davvero diverso da loro.
Buonasera Signore e Signori, sono qui a celebrare loro… Che sono diversi da noi
Visti dagli occhi di chi in questo paese è tutto il contrario di tutto, i quattro ragazzi della capitale rappresentano più di qualunque cosa il concetto di futuro a cui facciamo davvero fatica ad abituarci e a cui troviamo un ostacolo tutti i giorni. Perché se le accuse di cocaina e di bisessualità sono stati associate alla giovane band (e qualcuno ci ha pure creduto), vuol dire che siamo rimasti ancorati al “sesso, droga e rock & roll” di fine anni ’60, ormai una frase da bar di provincia nei confronti di chi conduce una vita sregolata violando di mezz’ora il coprifuoco. Invece, in questo caso, basterebbe semplicemente celebrare in coro un concetto molto semplice: il talento. Perché se a vent’anni partecipi all’evento musicale più visto al mondo, suonando la tua musica, vestendo con stile e governando il palco come fosse il salotto di casa tua, rappresenti sì un ritorno al passato, ma anche il simbolo di un cambiamento che ci tiene lontani da un certo conformismo o standardizzazione. Quindi per favore tutti zitti e buoni e godiamoci questa vista sul futuro, non solo musicale.