Stop al cibo sintetico in Italia

Il divieto dal Governo

Carne, pesce, latte e mangimi per animali: il Governo ha approvato il divieto di produzione e commercializzazione di alimenti sintetici; ci allontaniamo così dagli Stati Uniti, dove la produzione in laboratorio è ampiamente consentita.

Non solo parole: il decreto legislativo ha previsto due tipologie di sanzioni per chi dovesse contravvenire al divieto; una compresa tra 10 e 60mila euro e una parametrata ai risultati dell’azienda, che potrebbe sfiorare il 10% del fatturato, se l’importo della sanzione dovesse risultare superiore a 60mila euro.

Il business del cibo creato in laboratorio

Un business stroncato sul nascere quello del cibo cell-based, che a dirla tutta avrebbe certamente comportato numerosi benefici a livello ambientale. Il primo hamburger sintetico, risalente al 2013, è nato come un progetto di ricerca ambizioso volto a contrastare l’inquinamento derivante dagli allevamenti intensivi, e richiese più di 200mila euro all’Università di Maastricht. Attualmente un petto di pollo sintetico costa circa 4$ al supermercato, ma entro il 2030 si stima che la carne da laboratorio costerà tanto quanto quella “naturale”.

Come nascono gli alimenti sintetici

La “carne in vitro” è prodotta tramite uno specifico processo eseguito in laboratorio.
In primo luogo si prelevano cellule tramite biopsia da un animale vivo o da carne fresca e se ne estraggono le cellule staminali, che sono poi lasciate a proliferare in una soluzione nutritiva all’interno di un bioreattore. Successivamente avviene la lavorazione delle fibre muscolari e, infine, si ottiene la produzione finale della carne sintetica.
Il vantaggio della carne sintetica è che da una sola cellula si possono ottenere 10 mila chili di carne in poche settimane, senza uccidere e macellare animali.

Le due fazioni

Da un lato la Coldiretti, associazione di rappresentanza dell’agricoltura italiana, che ha esultato alla notizia del decreto legislativo; dall’altro, l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che ritiene che quella di “carne sintetica” sia una definizione volutamente erronea, che abbia lo specifico scopo di suscitare diffidenza nei confronti del consumatore. «In realtà si tratta di carne coltivata derivante da cellule, un prodotto alimentare che viene realizzato utilizzando cellule animali». E a questo si aggiunga che la produzione di carne in vitro, continua l’Oipa, «offre una soluzione a diversi problemi correlati alla produzione della carne: una produzione che non lede il benessere animale, la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare».

Quali sono le differenze?

Davvero la carne sintetica è meno sana di quella tradizionale?
In realtà, come si diceva, le cellule che vengono utilizzate per la creazione della carne in vitro sono esattamente le stesse contenute nella carne “naturale”. A cambiare è solo la tecnica di raccolta e il contesto in cui si sviluppano. E a pensarci bene, gli animali da cui deriva la carne servita sulle tavole italiane sono soggetti a tutta una serie di processi che di naturale hanno ben poco, come la selezione artificiale e lo sviluppo eccessivo di alcune parti del corpo destinate al consumo alimentare. Forse la differenza tra naturale e artificiale è più legata all’abitudine, almeno fino a quando sul punto non si esprimerà definitivamente la scienza.

ALTRI ARTICOLI

Learn how we helped 100 top brands gain success