Whistleblowing: l’Italia recepisce la direttiva UE

È finalmente stata recepita nell’ordinamento italiano la direttiva 1937 del 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. Approvata a ottobre 2019, la direttiva dava tempo agli Stati membri entro il 17 dicembre 2021 per adeguarsi alla nuova normativa ma, come si suol dire, meglio tardi che mai.

Cosa significa whistleblowing

Il termine “whistleblower” (che non ha un vero e proprio equivalente in italiano, ma potrebbe tradursi con “segnalatore”) indica una persona che, lavorando all’interno di un’organizzazione, di un’azienda pubblica o privata, e trovandosi ad essere testimone di un comportamento irregolare, illegale, potenzialmente dannoso per la collettività, decide di segnalarlo all’interno dell’azienda stessa o all’autorità giudiziaria o all’attenzione dei media, per porre fine a quel comportamento.

Una pratica apparentemente di buon senso, che però fino ad oggi è stata regolamentata solo nelle Pubbliche Amministrazioni, con la L. 190/2012: la nuova normativa, invece, coinvolge sia il settore pubblico che quello privato.

Cosa cambia ora?

Lo scorso 9 marzo, come si diceva, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo di recepimento della direttiva europea. Il decreto legislativo protegge la posizione dei whistleblower, ossia chi segnala le violazioni, in modo tale che non subiscano ritorsioni, tra cui, ad esempio, licenziamento, retrocessione, riduzione dello stipendio, molestie, e così via.

Per garantire la riservatezza dei whistleblower, sia le società pubbliche che quelle private devono dotarsi di appositi canali di segnalazione: quelle con più di 250 dipendenti entro il 15 luglio 2023, mentre quelle con un numero inferiore di lavoratori dovranno adempiere a partire dal 17 dicembre.

Ad ogni modo, negli enti con meno di cinquanta dipendenti viene consentita solo la segnalazione interna delle condotte illecite, escludendo la possibilità di ricorrere al canale esterno ed alla divulgazione pubblica. 

La parola all’Anac

“Finalmente l’Italia recepisce in via definitiva la direttiva”, commenta Giuseppe Busia, il Presidente dall’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione. “La tutela del whistleblower è un diritto fondamentale, riconosciuto a livello internazionale, e rappresenta un’estensione del diritto di libertà di espressione”. Il timore, fino ad oggi, era che alle segnalazioni potessero seguire ripercussioni negative per il segnalante: un problema apparentemente superato con la nuova normativa.

Le sanzioni

Con il recepimento della direttiva l’Anac è diventato l’unico soggetto competente a valutare le segnalazioni e l’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative, il cui valore può variare nei seguenti range:
a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni;
c) da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.

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